LA CRISI DELLA CLASSE DIRIGENTE A BITONTO
Affronto questo argomento sicuro di essere oggetto, dopo la sua divulgazione, di critiche e forse anche di improperi, spero nei limiti che sottendono a un civile dialogo sociale. Succede tutte le volte che si parla di verità, considerato che ora è d’abitudine non guardare in faccia la realtà ma aggirarla per dimostrare il contrario.
E’ sotto gli occhi di tutti che oggi Bitonto procede con affanno in tutte le direzioni e che la tanto aspirata prosperità dei propri cittadini, con il passare degli anni si allontana sempre di più. Ne è prova la crisi in cui versano tutte le attività manifatturiere, delle attività meccaniche dell’indotto, dell’edilizia, dell’agricoltura e delle professioni.
L’inoccupazione giovanile e la disoccupazione di coloro che il lavoro già l’avevano, stanno raggiungendo percentuali davvero molto preoccupanti. Non trovando risposte in loco, specie per chi ha moglie e figli, spingono a spostarsi verso altri luoghi creando tensioni sociali che spesso sfociano nella disgregazione della famiglia.
Il Governo Nazionale e anche quello regionale, stanno convogliando ingenti somme per il risveglio del mercato del lavoro, sia dipendente che autonomo. E ciò anche a difesa del capitale umano. il cui valore viene spesso sottovalutato. L’impegno della Regione Puglia d’investire circa 40 milioni di euro e oltre per nuove iniziative nel settore dell’agricoltura non è uno scherzo ma è una chiara volontà di incentivare un settore che con le condizioni favorevoli del nostro territorio doveva vedersi all’avanguardia in tante produzioni.
Ma tornando al tema di questa riflessione, ciò che emerge a Bitonto è la crisi della classe dirigente politica. Purtroppo i cittadini non credono più nelle funzioni politiche dei partiti, cosa dimostrata dal fatto che nella nostra Città si sono ridotti appena a due con tutte le contraddizioni interne, frutto di ogni formazione associativa. Mentre proprio nei partiti si creano e si curano le classi dirigenti che, unendo alla funzione politica anche quella amministrativa, hanno indirizzato sempre le azioni propulsive di sviluppo economico e sociale.
La stessa Costituzione Italiana, nella prima parte, indirizza i cittadini ad associarsi liberamente in partiti per concorrere, con metodo democratico a determinare le politiche utili per lo sviluppo e il progresso.
Quando, poi, vediamo che al posto dei partiti oggi si propongono le liste civiche a svolgere le funzioni suddette. Ci rendiamo conto che dalle stesse non potrà mai nascere una classe dirigente. Non perché nel proprio interno non hanno soggetti intelligenti e capaci, anzi. Ma perché dopo ogni competizione elettorale si sciolgono come neve al sole o come le cicale che dopo quaranta giorni di vita, pari alla durata di una campagna elettorale, schiattano e diventano un involucro vuoto.
E quindi, mi domando, questa necessaria classe dirigente da che parte deve nascere ed operare?
Certo non possiamo importarla, e per fortuna, altrimenti così come importiamo tutto, lo avremmo fatto anche per questa trovandoci di fronte ad un prodotto sconosciuto e preconfezionato.
Diverse forme di associazionismo, per statuto loro interno, sono deputate a svolgere altre funzioni e non possono sopperire alle funzioni di cui stiamo parlando. E quindi dove le formiamo le indispensabili classi dirigenti politiche?
Provo a dare una risposta partendo dalle premesse fatte, dichiarandomi a disposizione per un eventuale confronto.
Innanzitutto, una proposta a breve termine, devono essere i cittadini ad occupare le sedi dei partiti portando con se un’aria nuova, attuale e corrente con i bisogni immediati della Comunità. Devono approfittare del fatto che i partiti, e sono sicuro della sincerità, annunciano a destra e a manca che le loro porte sono aperte e che sono disponibili a confrontarsi apertamente con le donne e gli uomini che vogliono farsi sentire e, perché no, contare nelle decisioni da prendere per le politiche attive. Ora è il momento ed è quasi una necessità per la vita futura.
Altra proposta, a più lungo termine, è quella di organizzare una Tavola Rotonda che deve vedere al centro del dibattito un rapporto di interconnessione tra i vari interpreti della vita sociale del territorio. Cioè gli elementi in discussione dovranno essere suffragati dai fatti onde ottenere una visione comune che può sfociare in un progetto motivato e ben radicato da garantire la reale attuazione dell’ingranaggio locale. In definitiva collaborazione per rendere efficace la scelta della politica da attuare.
Io penso che anche da queste proposte può nascere una nuova classe dirigente di cui Bitonto, sono sicuro, non può farne proprio a meno.