PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTORE NICOLA LAVACCA E DEL QUOTIDIANO AVVENIRE
Nessun contagio da coronavirus nella Rssa della Fondazione Villa Giovanni XXIII di Bitonto da quando è cominciata l’emergenza. Quasi un’isola felice rispetto a tante altre identiche strutture, non solo in Puglia, dove purtroppo c’è stata una strage di anziani deceduti per gli effetti della pandemia. Un capillare lavoro di prevenzione e un’organizzazione tempestiva quanto oculata anti Covid-19 dell’intero presidio socio-sanitario hanno consentito di tenere lontano dal rischio d’infezione i 133 ricoverati e le oltre 100 unità lavorative tra medici, psicologi, educatori professionali, fisioterapisti, Oss, infermieri e addetti al sevizio di lavanderia, cucina e pulizia. Il centro, attivo dal 1983 e ormai già abilitato per diventare Rsa, ospita un centinaio di anziani non autosufficienti con gravi patologie tra cui anche 24 malati di Alzheimer e una ventina di disabili. La chiusura totale al mondo esterno sin dal 29 febbraio scorso, senza alcun tipo di contatto fisico tra pazienti e familiari, è stata una decisione drastica che si è poi rivelata decisiva per evitare eventuali focolai. “Le notizie sulla pericolosità e la diffusione del coronavirus che arrivavano dal nord ci hanno messo subito in guardia – sottolinea il direttore generale di Villa Giovanni XXIII, Nicola Castro -. Era chiaro come gli anziani assistiti fossero i soggetti più vulnerabili, in virtù della loro fragilità. A fine febbraio abbiamo così deciso di non consentire l’accesso alla struttura di parenti, visitatori e persone estranee all’attività lavorativa per contenere la possibile trasmissione del contagio. Ci siamo mossi con largo anticipo rispetto anche al Dpcm dell’8 marzo e al provvedimento della Regione Puglia del 9 marzo. Credo che l’errore più grande a livello nazionale sia stato quello di sottovalutare la delicata situazione delle Rsa e delle Rssa, con gli effetti devastanti che purtroppo si sono verificati in alcuni casi”. Tutto il personale, essendo un potenziale veicolo di contagio, è stato dotato dei dispositivi di protezione rispettando le scrupolose regole igienico-sanitarie e le necessarie precauzioni sia nell’ambiente di lavoro che nelle proprie case. “È attivo un solo punto di accesso per tutti – dice Castro -. Prima di entrare, ogni dipendente trova un infermiere che misura la temperatura corporea. Finora non ci sono stati casi di persone positive. Bisognerebbe fare i tamponi in maniera sistematica, come prevede il Ministero. Un intervento indispensabile per scongiurare qualsiasi rischio. Penso alla fase 2 o 3. Se il nostro personale avrà non solo contatti in famiglia ma anche con altri soggetti, serviranno controlli più serrati e diagnosi certe, anche perché vanno considerati gli asintomatici”. All’interno della casa ricovero, che comprende 60 camere doppie e 13 stanze singole, è stato creato un apposito reparto di isolamento. “In questa fase di emergenza abbiamo riconvertito il centro diurno per i malati di Alzheimer in modo da trattare eventuali casi sospetti. Ci sono stati 5 pazienti che hanno manifestato sintomi che lasciavano pensare al coronavirus. È scattato prontamente il protocollo Covid-19. I pazienti sono stati isolati in stanze separate, seguiti e accuditi a turno da una squadra di 6 nostri infermieri e operatori che hanno utilizzato tute protettive. Per fortuna i tamponi effettuati hanno dato esito negativo”.Gli anziani di Villa Giovanni XXIII sono curati con amore fraterno e senso di responsabilità, circondati da tanto affetto anche se da tempo ormai non vedono di persona i loro familiari. “Non è facile per i nostri pazienti vivere un momento così disagevole senza il calore umano dei propri cari – dichiara il direttore Castro -. Ci siamo adoperati sin dall’inizio per assicurare un contatto quotidiano con i familiari se pur a distanza attraverso i tablet, le postazioni fisse, le videochiamate e un grande schermo. I medici stanno fornendo un supplemento di comunicazioni ai parenti sulle diverse condizioni di salute. C’è grande disponibilità da parte degli operatori. La Fondazione ha fatto un grosso sforzo perché non ha voluto ridurre il personale. Considerato che per ora non possiamo accettare altri ricoveri, auspichiamo che la Regione ci venga incontro per mantenere i livelli occupazionali e continuare così a garantire efficienza e sicurezza”.