Sembrava che il voto sulla ricapitalizzazione della Sanb, da parte del Comune di Molfetta, stesse, finalmente, arrivando. Ieri, infatti, la massima assise molfettese si è riunita nell’aula consiliare Carnicella per decidere sulla discussa questione, fonte di innumerevoli perplessità sollevate da parte dei comuni di Molfetta e Corato. Mentre gli altri comuni dell’Aro Bari 2 hanno già espresso il parere positivo alla ricapitalizzazione, all’appello mancano i due comuni che possiedono proprie società in house che gestiscono il servizio di spazzamento, Molfetta e Corato, che sta attraversando un periodo di commissariamento dopo la prematura crisi amministrativa.
Stando alle prime parole del sindaco Tommaso Minervini, sembrava che anche Molfetta si stesse adeguando alla scelta di procedere alla ricapitalizzazione: «È un provvedimento che non rientra tra gli atti della nostra amministrazione, ma è un adempimento alle leggi regionali, che impongono l’affidamento unitario del servizio di igiene urbana nell’ambito degli Ambiti di Raccolta Ottimali. È una storia che si trascina da tempo, sin dal 2013, con una quantità di atti e incontri succedutisi nel tempo. Non ho mai nascosto le mie perplessità. Perplessità che non sono solo le mie, ma sono condensate nella pronuncia negativa della Corte dei Conti nei confronti della ricapitalizzazione da parte del Comune di Bitonto».
Lo scetticismo della amministrazione molfettese non è mai stato fonte di mistero. Scetticismo legato alla mancanza di un piano industriale e al suddetto parere negativo della corte dei Conti. Minervini aveva anche proposto una soluzione alternativa all’affidamento alla Sanb: l’acquisto, da parte di Molfetta e di Bitonto, di quote della coratina Asipu, l’azienda pubblica, totalmente nelle mani del comune di Corato, che gestisce l’igiene urbana a Corato, Ruvo e Terlizzi. Senza creare, dunque, una nuova società come la Sanb.
Ma l’opportunità di fondi regionali per oltre 800mila euro, in caso di affidamento alla Sanb, unita ai rischi di procedere con gara, rischiando l’affidamento ai privati, sembrava aver spinto verso la ricapitalizzazione della Società Ambientale del Nord Barese: «Non abbiamo intenzione di cedere una storica azienda come la Asm ai privati e non abbiamo più i tempi per chiedere una proroga dello stato di liquidazione tecnica della Sanb».
Contrarietà all’ipotesi del privato motivata anche dalla necessità di tutelare i lavoratori oggi coinvolti nei servizi di igiene urbana dei comuni coinvolti.
«Anche perchè, nel frattempo, si sono verificati significativi cambiamenti, come la modifica del piano industriale, insieme agli altri comuni. Le amministrazioni devono avere la capacità di prendere, talvolta, decisioni che vanno oltre il singolo paese» ha aggiunto il primo cittadino molfettese, vincolando ancora una volta la decisione all’adesione da parte di tutti e cinque i comuni e alla celerità nel far partire la Sanb, così da non vedere il capitale sociale eroso ancora una volta, come è successo negli anni scorsi.
Il termine ultimo imposto dal liquidatore della società, Roberto Toscano, è proprio la data di ieri. A partire da oggi, Toscano dovrebbe dato il via alla liquidazione definitiva, stando a quanto disposto nelle settimane scorse, quando fu spostato il termine per permettere anche a Corato di esprimersi.
Presente all’assise anche Grandaliano, dimissionario commissario dell’Aro, ora presidente dell’Ager, che, rispondendo alle domande di alcuni consiglieri comunali, tra cui l’ex sindaco Paola Natalicchio, ha ribadito che gli insanabili contrasti che hanno prolungato l’impasse sono stati superati dalla modifica del piano industriale.
Ma, nonostante quel che poteva sembrare all’inizio della discussione sull’unico punto all’ordine del giorno, il delicato tema ha visto confliggere i pareri di due forze di maggioranza, Partito Democratico e la formazione civica Noi, tanto che la stampa locale parla di strappo nell’amministrazione. Oltre alle criticità sollevate dall’opposizione, che ha sottolineato, tra le altre cose, come manchi ancora all’appello Corato.
«L’affidamento alla Sanb non è una cessione di sovranità, di autonomia – è stata la risposta di Minervini – Anzi, è un modo per tutelarla, perché, se si dovesse procedere con il privato, in caso di contrasti ci sarebbero contenziosi. Anche perché, al di là del bilancio generale, c’è il bilancio rispettivo di ogni comune. Tutte le osservazioni andavano dette prima, non ora che stiamo cercando di puntellare una situazione che potrebbe mettere a rischio 176 famiglie. Certo, avremmo preferito non farlo. Non è un atto dell’amministrazione, del sindaco. Non era nel nostro programma. Ma credo sia necessario chiedere ai 176 lavoratori se si sentano di rischiare».
Una diversità di vedute tale da richiedere anche un confronto tra i referenti della stessa amministrazione e, dunque, uno slittamento della discussione sull’argomento, proposto dal capogruppo di Noi Pasquale Mancini.
Il prossimo consiglio è fissato al prossimo 7 ottobre, anche se la Sanb non sembra essere all’ordine del giorno. Il sindaco Minervini ha sollecitato tempi celeri. Ma resta da capire cosa farà il liquidatore della società, che aveva fissato a ieri il termine ultimo.