Sui ritrovamenti archeologici di piazza Caduti del Terrorismo, gli esperti sono al lavoro per ripulire, catalogare e studiare i reperti e gli scheletri rinvenuti. Tre scheletri, secondo quanto finora si è potuto appurare. Si tratta di un uomo, di una donna e di un terzo di cui rimarrebbero solamente alcuni pezzi di femore e di scapole, chiaramente non riconducibili ai primi due.
Lo hanno confermato ieri, a Bari, a Palazzo Simi, sede della Sovrintendenza Archeologica.
«L’avvio in laboratorio delle attività di pulitura e catalogazione dei defunti ha consentito di definire con maggiore accuratezza il loro profilo biologico» recita il comunicato diffuso dall’ente, specificando che, dei tre individui sepolti nella struttura funeraria peuceta, risalente al III secolo a.C., l’ultimo, in posizione supina, è un maschio adulto in età senile, intorno ai 50 anni (tanto per l’epoca), di 1,75 metri, con evidenti segni di artrosi, mentre il secondo, sepolto precedentemente, è una donna adulta, sui 45 anni, di cui si sa, che aveva avuto una gravidanza e che era affetta anche lei da artrosi, come testimoniano alcuni segni sulle ossa. Non molte informazioni, invece, si hanno sul terzo, a causa dei pochi frammenti ossei ritrovati che non consentono di stabilire neanche il sesso.
Grazie agli studi sulle ossa si potranno ricostruire ulteriori informazioni, chiarisce l’antropologa Elena Dellù.
Dei corredi funerari degli individui sepolti fanno parte gli oggetti rinvenuti: un cratere a mascheroni in ceramica decorata, che rappresenta il reperto più importante, vasellame per contenere vino, tipico, in antichità, della ritualità funeraria, un peso da telaio e una statuetta raffigurante una figura femminile inginocchiata, con il braccio sinistro proteso in avanti (quello destro è mancante) per rendere un’offerta agli dei e accompagnare la defunta nel suo ultimo viaggio.
«Quanto ritrovato ci aiuta a capire tanto sulla nostra storia locale e generale, sugli usi delle popolazioni che hanno abitato il nostro territorio. Con l’aiuto di restauratori, archeologi, antropologi e di tutti quelli che fanno le analisi, riusciamo a tirar fuori tantissime informazioni. Anche solo da un piccolo pezzo di vaso. Ciascun ritrovamento archeologico contribuisce a mettere in luce tanti nuovi aspetti e, in particolare, l’importanza delle tombe è quella di consentirci di unire gli aspetti prettamente archeologici a quelli antropologici, in modo da apprendere tanto sugli usi delle antiche popolazioni» spiega l’archeologa Ebe Chiara Princigalli, che, insieme alla collega Caterina Annese, sottolinea come questi ritrovamenti aiutino anche a ricostruire i contatti con altri centri: «Di tombe ce ne sono tante, molte ritrovate negli anni scorsi. L’eccezionalità di questa è data dall’imponenza del corredo, che testimonia come almeno uno dei sepolti aveva un’importanza particolare. Questa tomba è rimasta inviolata nei secoli e, dunque, ci aiuterà a capire tante altre cose».
Importanza confermata anche dal funzionario restauratore Salvatore Patete, che evidenzia come il momento della sepoltura non fosse solo un momento di esaltazione del defunto, ma anche della sua famiglia.
Quelli esposti nella conferenza di ieri non sono gli unici ritrovati. Ce ne sono ancora altri ancora oggetto delle prime fasi delle operazioni di pulizia e studio. La Sovrintendenza si impegna a condividere gli sviluppi degli studi con altre conferenze, per illustrare quel che sarà scoperto sia attraverso nuove analisi, sia tramite gli scavi che continueranno sulla piazza. Come spiegano da Bari, infatti, dove c’è una tomba, è probabile che ce ne siano altre, tenendo conto che l’area del ritrovamento è una propaggine di quella che era l’antica necropoli di via Traiana.
«L’impegno è quello di condividere, a fine lavori, gli esiti della ricerca con la comunità scientifica e con la comunità tutta, nell’auspicio che l’allentamento della pressione dell’emergenza epidemiologica in corso ci consenta presto di riaccogliere i cittadini, perché vedano con i propri occhi quanta luce può fare anche un piccolo rinvenimento sul nostro comune passato» promette la Sovrintendenza.
«Bitonto ha ancora tanto da restituire ed è probabile che le sorprese non finiscano qui» sostiene Maria Picarreta, architetto soprintendente.
Quanto ritrovato, al momento, continuerà ad essere oggetto di pulizia e di studio, per poi essere esposto e fruibile al pubblico, come ha anche spiegato il sindaco Michele Abbaticchio.