Quali sono gli effetti negativi dell’attività
di estrazione del petrolio sull’ambiente? Se ne è parlato ieri, in un incontro
organizzato dai Gruppi Scout di Bitonto, in vista del referendum di domenica 17.
«È una
scelta di civiltà, non un ambientalismo di moda, perché dobbiamo avere il
coraggio di cambiare e dire basta alle energie utilizzate finora, inquinanti, insostenibili
per l’ambiente, per sfruttare risorse rinnovabili. Lo dobbiamo a chi domenica
non potrà votare, i nostri figli, le generazione future. Abrogando la legge in
questione non si sconvolge cambia nulla rispetto alla situazione prevista prima
del 2015, anno in cui l’atto che vogliamo abrogare è stato approvato. Oggi i
contrari al referendum fanno i catastrofisti, paventando perdite di posti di lavoro,
ma allora tutto andava bene?» spiega Giuseppe Cazzolla di Fare Verde,
aggiungendo che non basta apporre una croce sulla scheda: «Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare e vivere, utilizzando nella
vita quotidiana oggetti riutilizzabili, biodegradabili, come sacchetti di iuta,
piatti e bicchieri non in plastica ma biodegradabili, lampadine a led,
caricatori ad energia solare. Cominciamo ad utilizzare meno l’auto e più la
bici. Insieme a tanti altri piccoli accorgimenti. Le nostre scelte iniziano già
quando entriamo nel supermercato. Dobbiamo, infine, iniziare a pensare in
termini di autosostenibilità energetica, essere autarchici e fabbricare da soli
l’energia che ci serve. Non più, come è avvenuto in Puglia, con le
maxiestensioni in cui tagliare ulivi e installare pannelli fotovoltaici, ma
installandoli sui nostri tetti. Del petrolio non deve più interessarci, dato
che entro poche decine di anni finirà. Ed è questa l’importanza del segnale che
vogliamo dare votando”sì”».
Riportando le parole di Papa Francesco, che ha
recentemente invitato in un’enciclica a darci da fare per preservare
l’ambiente, interviene anche il capo scout Giuseppe Gravinese.
«Se
cambiamento dovrà esserci dovrà essere un cambiamento della cultura»
aggiunge il giornalista Marino Pagano, che individua nell’installazione delle
piattaforme lungo le nostre coste un’ulteriore sfruttamento ai danni del Sud e
non solo: «Il referendum riguarderà
l’Italia intera, ma riguarda principalmente il Meridione, in continuità con lo
sfruttamento iniziato sin dall’Unità. Il Sud è colonia dell’Italia, che a sua
volta è colonia di un Occidente malato».
Per spiegare gli effetti sull’ambiente
interviene, infine, la geologa Serena Liso, secondo cui i pericoli maggiori di
inquinamento non provengono dal rischio di incidenti, che potrebbero anche non
verificarsi, ma dalla stessa attività di estrazione: «Le stesse tecniche usate hanno impatti devastanti sull’ecosistema e
sulla salute degli animali. Ecco perché troviamo spesso sulle coste balene,
delfini spiaggiati. Le sostanza, poi, entrano nella catena alimentare, senza
contare i rischi di radioattività dovuti all’uso di particolari gas, della
sismicità indotta dalle operazioni di trivellazione, agli sversamenti
nell’atmosfera, e all’abbassamento del fondale dovuto al fenomeno della
subsidenza».
«Il mondo
è un immenso ecosistema e le ripercussioni negative possono verificarsi anche
lontano da noi» aggiunge la geologa, spiegando che ponendo fine alle
concessioni non si avrebbero le perdite di posti di lavoro paventate dagli
antireferendari, lo stato italiano non perderebbe nulla «perché con royalty basse, solo al 7%, regaliamo il petrolio alle multinazionali».
«Se
dovessero continuare – continua – perderemmo
tanto, perché verrebbero danneggiati agricoltura e turismo. Dunque perché rischiare
tutto questo solo per gli interessi di multinazionali e governi?».