Forse ci siamo perduti in troppe chiacchiere, vane e infeconde come sempre capita, e la vita ci ha sovrastato tutti.
In modo schiacciante, come suo costume.
Il Rapporto 2016 della Caritas su povertà ed esclusione sociale delinea alcuni scenari che fanno paura. E che non sono incastonati come ipotesi probabili in un futuro lontano.
Sono realtà che riguardano anche la nostra città, in un presente doloroso e terribile. Che tutti dovremmo avere la forza di guardare.
Fingere che un problema non ci sia non elimina il problema stesso. Anzi, lo acuisce e fa sentire ancora più solo chi ne patisce.
Dunque, i dati emersi hanno due novità sostanziali che fanno male.
Se un tempo i più indigenti erano gli anziani, adesso versano in gravi difficoltà economiche individui dell’anagrafe più verde e soprattutto le giovani coppie, specie meridionali.
Non vi è Jobs act che tenga né campagna per il Fertility day che abbia efficacia: la crisi c’è e si sente, il lavoro non c’è e (non) si vede.
Un’altra novità è data dal fatto che un tempo si rivolgevano ai centri pastorali maggiormente gli stranieri, ora tocca agli italiani e prima erano le donne a recarsi bisognose, adesso lo fanno anche uomini disperati.
Resta diffusa una esigenza imprescindibile: la necessità di avere una casa, base fondante del concetto stesso di famiglia.
Questo è il mondo in cui viviamo, anche qui, a Bitonto. Ad ogni situazione descritta dalla relazione delle diocesi potremmo allegare una molto simile presente nella nostra città.
E non ci riferiamo ai professionisti della povertà, quelli che vivono di contributi et similia, ma a tutti quegli invisibili che affrontano gli affanni quotidiani in una silenziosa e discreta solitudine.
Meditiamo, gente, meditiamo…