Suona la campanella. Come di consueto, il primo giorno di scuola, la maggior parte di noi non ha il quaderno. Qualcuno ne ha uno nuovo, che ha l’odore di stampa, probabilmente è ancora caldo poiché non è mai stato aperto. Il professore comincia ad esporre, non poi così severamente, l’attività da completare con le relative tracce da svolgere: Il racconto delle vacanze, quello dei luoghi visitati o meglio ancora quelli che vorremmo tanto visitare. Il tutto intervallato o addirittura anticipato da raccomandazioni, minacce di “dover imparare a memoria quasi come fosse una preghiera“ le pagine assegnate, discorsi su voti, pagelle, pesantezza del programma. Tante proposte, o perlomeno “ri”proposte che ci annoiamo solo a leggere, in grassetto, tra i primi due o tre righi del foglio protocollo. Quest’anno no! Abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo da ascoltare dalle bocche di coloro che ci incutono terrore, ci fanno sudare, tremare. Tuttavia per effetto quasi catartico nei confronti di questi cattivi umori che si annidano dentro il nostro corpo, essi sono proprio colore che abbiamo almeno una volta irriso, accentuandone i caratteri e imitandoli insieme ai nostri amici. Dunque, proponeteci qualcosa di passionale piuttosto che qualcosa di obbligatorio. Per prima cosa: parlateci di speranza. Diteci che vale la pena frequentare l’anno in corso e magari proseguire gli studi perché potremmo aspirare a diventare ciò che veramente desideriamo. Odiernamente non abbiamo sicurezze e desideriamo che ci vengano iniettati litri di speranza nelle vene per possedere almeno un terzo della forza che oggi è padrona in voi. Lasciate trasparire le vostre passioni, se siete timidi e vi fingete forti per tenere il pugno di ferro, ci accontenteremo di vederle trasparire dai vostri occhi luminosi come il sole a mezzogiorno. Parlateci delle guerre, incaponendovi sulle date del passato, perché, certo, è importante avere una profondità storica e sapere quello che eravamo. Ma insegnateci a fare uso delle stesse armi che si usavano durante la seconda guerra mondiale per combattere la battaglia della vita moderna. Insegnateci ad affrontare la stessa solitudine che gli uomini concepivano in trincea, nel mondo tecnologico di oggi, in cui la trincea la costruiamo noi stessi, involontariamente, pur stando insieme agli altri, calando il capo sui nostri telefoni senza proferire parola alcuna. Addestrateci alla “social catena”, perché in fondo Leopardi non era così lontano da noi, in un mondo sempre occupato ad innovarsi in cui si perdevano di vista i sentimenti. Spiegateci la matematica senza che essa sia così perentoria come appare dall’eserciziario del libro, che a furia di comprare usato, è diventato giallastro, rendendo la materia ancora più vetusta e rigida di quanto non lo sia già. Utilizziamo il metodo analitico, non solo in campo scientifico, ma anche per ragionare sugli spiragli di scelta che si pongono dinanzi a noi. Non esiste una sola risposta esatta, come richiedono i quiz a crocette, ma, quanto meno, una risposta giusta per qualcun altro . Esiste LA RISPOSTA giusta per noi, analizzata attentamente e scientificamente tra un ventaglio multicolore di possibilità. Solo così un giorno potremo diventare medici, ingegneri, matematici, architetti, scrittori. E non ci biasimate se, alle volte, faremo scoppiare un laboratorio a causa di una reazione chimica sbagliata o calcoleremo male le proporzioni di un disegno o non avremo più idee per il libro che stiamo per pubblicare, perché capita alla vita privata di adombrare quella professionale, siamo tutti esseri umani! È importante però che essa non la pervada, incorporandola completamente, tale da renderci esseri inermi che si trascinano, raccontando cose che conosciamo a memoria perché ne abbiamo parlato mille volte, senza quel pizzico di utopia che ci porta a travalicare la realtà, tipica del sogno. Dunque cari professori, parlateci della bellezza di saper fare bene qualcosa e, se li conoscete, rivelateci i segreti degli artisti, dei musicisti, dei poeti… e già che ci siete spiegateci come Dante avrebbe fatto l’immane fatica di scrivere una commedia mentre oggi non riusciamo nemmeno a portare a termine la fatica della frase di un messaggio senza che in essa vi siano abbreviazioni.