Un controllo coordinato e razionalizzato del territorio, che metta in rete tutte le Forze dell’Ordine. È il Piano coordinato di controllo del territorio e molte città d’Italia, tra cui Pisa, Carpi, Sassuolo, San Benedetto, Ascoli, Orvieto, Tivoli, ci hanno già pensato.
Ma cos’è? È una pianificazione già attiva dal 2003 e recepisce le nuove linee strategiche contenute nella direttiva del Ministro dell’Interno del 30 aprile 2015 in tema di “Nuove strategie per il controllo coordinato del territorio” volte a razionalizzare i sistemi di controllo del territorio mediante modelli organizzativi anche a carattere innovativo e con il coinvolgimento di tutte le forze di Polizia, comprese le Polizie locali. Il piano fornisce indicazioni procedurali ufficiali e precise, rispondenti al triplice criterio di non lasciare obiettivi scoperti al controllo delle Forze di Polizia, di razionalizzarne unitariamente l’impiego eliminando le possibilità di sovrapposizione e di tempestività dell’intervento; il tutto nell’ottica di dare sostanza al principio dell’economia delle forze e della focalizzazione degli sforzi da parte delle Forze dell’Ordine e per far fronte alla necessità di sicurezza da parte dei cittadini.
Di cosa tiene conto? Tiene conto del mutato contesto sociale, culturale ed economico, e della metamorfosi dei fenomeni di criminalità diffusa nelle aree urbane e metropolitane.
La videosorveglianza urbana. Il piano può essere potenziato anche da un sistema di videosorveglianza urbana collegato alle sale operative delle Forze di Polizia attraverso l’accesso ad una ordinaria rete internet protetta da una apposita password; una buona pratica che può sicuramente costituire il primo passo per favorire ulteriori forme di donazione da parte di privati e consentire così il loro collegamento alla rete civica e un sempre più capillare controllo del territorio.
Come si applica? Si legge sul sito del Ministero dell’Interno che il Prefetto si avvale del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica , organo consultivo del quale fanno parte il Questore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri ed il Comandante il Gruppo Guardia di Finanza, la cui composizione, allargabile anche a soggetti esterni all’Amministrazione della pubblica sicurezza. Del Comitato fa parte anche il Sindaco che è chiamato a collaborare negli ambiti di competenza dell’ente locale per il migliore espletamento della funzione della sicurezza pubblica. La salvaguardia dell’ordine pubblico va oltre un’attività di tipo repressivo per estendersi fino a ricomprendere ogni determinazione capace di evitare l’insorgere di conflitti ed il loro degenerare in episodi di turbativa. In tal modo tutelare l’ordine pubblico significa soprattutto prevenire le cause che potrebbero incrinarlo. In questo scenario si colloca il ruolo fondamentale del Prefetto al servizio delle istituzioni e del cittadino. Tutela dell’ordine pubblico, quindi, come prevenzione degli atti collettivi di violenza e di arbitrio, ma anche come garanzia dell’ordine sociale, dell’armonico sviluppo dei rapporti nel mondo del lavoro, dell’impresa e della scuola, come quieto svolgimento della vita comunitaria in tutte le sue manifestazioni d’ordine economico, culturale, volontaristico etc. In estrema sintesi il compito fondamentale dell’autorità di pubblica sicurezza è di garantire le condizioni di pace sociale, impedendo il concretizzarsi dei fattori che potenzialmente la minacciano, prima ancora che eliminando gli stati di turbativa già in atto.
Ciò comporta la necessità per il Prefetto di un continuo contatto con tutti i livelli istituzionali e sociali, un lavoro paziente di tessitura di rapporti e di intese equilibrato e lungimirante, una attenzione costante ad emergenti tensioni sociali e conflitti, mirato ad attivare, ove necessario, interventi ed iniziative idonee a garantire il normale svolgimento della vita di relazione e la libera operatività delle istituzioni.
Il parere dei sindaci che l’hanno applicato. “L’attività di sicurezza pubblica – spiega il sindaco di Modena – non può essere valutata solo per la parte finale, quella della repressione. E’ necessario intervenire anche sulla parte investigativa e di prevenzione con un assetto organizzativo commisurato alle specifiche realtà locali”.
Quando le istituzioni dialogano tra loro “e lavorano insieme si riescono a raggiungere migliori risultati nell’interesse della collettività. E questo vale evidentemente anche per quel che riguarda la garanzia della sicurezza e la tutela dell’ordine pubblico nel nostro territorio”, ha commentato il sindaco di Tivoli.
Una domanda, questa volta senza risposta, la poniamo noi: perché a Bitonto, visto lo stato di emergenza, non è ancora stato applicato? Prima o poi l’ “emergenza” finirà, finiranno i 100 uomini, ed è questo forse il momento più giusto per spingere l’acceleratore.