La decisione è destinata a far discutere perché forte da qualunque punto di vista la si guardi. Divieto di utilizzo di spazi pubblici o pubblicitari per messaggi che vadano verso la riorganizzazione e propaganda del Partito fascista e delle idee razziali.
La motivazione? A parole è la volontà di volere un’Italia diversa, con i fatti. Uno Stivale, quindi, che abbandoni, o tenti di farlo, quella spirale di ignoranza, di razzismo, di intolleranza verso gli “altri” (leggasi immigrati) tornata a galla negli ultimi mesi.
L’ultima notizia che arriva da Palazzo Gentile non è per nulla trascurabile. La giunta comunale, ieri l’altro, il 5 settembre, ha licenziato un preciso Atto di indirizzo con il quale si impegna – ma impegna anche gli altri – a rispettare, innanzitutto, una delle disposizioni transitorie e finali più discusse della nostra Costituzione.
La numero XII: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”. A cascata, quindi, anche della legge “Scelba” del 1952, secondo cui “chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell’articolo 1 (“Riorganizzazione del disciolto partito fascista” ndr.) è punito con la reclusione da sei mesi a due anni”.
E della legge n°122 del 1993. “È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
Ma cosa dispone, in realtà, la delibera approvata 48 ore fa? In modo particolare da corso Vittorio Emanuele, rifacendosi al proprio Statuto, chiedono “ai soggetti concessionari di suolo pubblico e pubbliche affissioni, alle libere associazioni partecipanti o meno a organismi comunali di partecipazione regolarmente istituiti, agli utilizzatori di sale e strutture comunali, ai gestori di beni pubblici comunali, ai richiedenti patrocinio da parte del Comune di Bitonto un formale impegno e assunzione di responsabilità al rispetto della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione e delle disposizioni legislative legate”.
Il sindaco Michele Abbaticchio, su Facebook, ha ricordato anche una curiosa coincidenza storica.
La scelta operata dal Comune è arrivata nell’anniversario, l’80esimo, della entrata in vigore del Regio decreto sui “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”.
Era il 5 settembre 1938, e il re Vittorio Emanuele III poneva la firma su quel provvedimento. Fu il grande controverso passo in avanti nell’alleanza tra Mussolini e Hitler – in Germania i provvedimenti antisemiti erano in vigore da anni -, anche se, secondo molti studiosi, da quel giorno il consenso del regime fascista è iniziato a crollare.
Logico chiedersi se questa decisione maturata da Palazzo Gentile sia giusta o meno. Naturale anche domandarsi se vietare piazze o luoghi pubblici serva davvero “a cambiare l’Italia con i fatti”.
La cosa davvero importante è che più di qualcuno inizi, davvero, a cambiare linguaggio politico…