Si chiama educazione parentale, ma oggi è meglio conosciuta come homeschooling e non è altro che un percorso di studi che i bambini (ma si può fare per tutto il ciclo di studi, fino all’università) seguono a casa per poi presentarsi agli esami, da privatisti, che si tengono al termine di ogni anno scolastico. Prove per misurare il livello di preparazione e funzionali ad un reinserimento a scuola che può comunque avvenire in qualsiasi momento. E’ una possibilità che esiste da sempre, anche se poco praticata se non per problemi di salute, ma che in questo momento storico, segnato dall’epidemia di Coronavirus, molti genitori stanno prendendo in considerazione. La paura che i figli possano essere contagiati, o che portino a casa il virus, sta infatti spingendo i genitori, che si sono messi alla prova durante la quarantena, a continuare su questa strada. Tale scelta è prevista sia dall’articolo 34 della Costituzione che dall’art. 26 della Carta dei diritti dell’Uomo e del principio settimo della Dichiarazione dei diritti del fanciullo. L’articolo 34 dispone che “l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita” senza specificare che debba essere impartita dalla scuola. Il concetto è ribadito anche nell’articolo 30 che recita “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio” che pone l’accento sulla responsabilità genitoriale dell’istruzione dei figli. Alcuni Enti locali stanno evidenziando alcune criticità per quel che riguarda la fornitura gratuita dei libri di testo in favore degli alunni frequentanti la scuola primaria statale o paritaria. La normativa, oltre ad essere carente, sembra non tener conto del mondo dell’homeschooling, restringendo l’ambito della fornitura gratuita dei libri di testo a quello dell’Istituzione Scolastica. L’orientamento di alcuni Comuni è contrastante. Alcuni, riconoscono tale diritto anche alle famiglie che praticano l’istruzione parentale e altri si rifiutono in virtù del fatto che la scelta di fare homeschooling precluda ogni facilitazione di cui godono i bambini scolarizzati. Ciò non fa altro che sottolineare e rafforzare il principio in base al quale l’unica certezza, è che siamo in balìa dell’interpretazione da parte delle istituzioni. Anche se in realtà detta interpretazione va fatta sempre nell’interesse del bambino e dovrebbe essere tesa ad un ampio respiro tra istituzioni e famiglia, in un clima di collaborazione e non di conflittualità. La cedola libraria non è altro che il documento emesso dal Comune che permette alle famiglie di avere la fornitura gratuita dei libri di testo scolastici. Per chi frequenta la scuola, le cedole vengono emesse a seguito di indicazione da parte dei dirigenti scolastici della scuola primaria scelta dalla famiglia, dei dati relativi agli alunni iscritti e dei testi scelti dalle scuole. Ma dette cedole spettano anche agli homeschooler? Il tema richiede una chiave di lettura giuridica e nello specifico il rapporto della cedola libraria rispetto al diritto allo studio. L’art. 156 del d.lgs. 297 del 16 aprile 1994 prevede che la fornitura dei libri è a carico del Comune di residenza degli studenti. Detta norma prevede che “agli alunni delle scuole elementari, statali o abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, i libri di testo, compresi quelli per i ciechi, sono forniti gratuitamente dai comuni, secondo modalità stabilite dalla legge regionale”. Le diverse leggi regionali cambiano la forma ma non la sostanza. La lettura della citata norma sembrerebbe che si riferisca esclusivamente agli alunni iscritti e frequentanti la scuola. Invero, approfondendo giuridicamente la questione sembrerebbe che non è proprio così. Il D.M. n. 781/2013, nell’allegato 1 stabilisce che “Il libro di testo costituisce uno degli strumenti didattici per la realizzazione dei processi di apprendimento definiti dagli ordinamenti scolastici dei diversi ordini e gradi di istruzione, nonché per lo studio individuale e domestico. La sua scelta costituisce rilevante momento di espressione dell’autonomia professionale e della libertà di insegnamento. In quanto strumento di apprendimento il libro di testo ha tre funzioni principali, fra loro interconnesse: 1) offrire al lavoro didattico un percorso di riferimento conforme alle indicazioni nazionali dei piani di studio, contribuendo in tal modo a garantire – pur nel pieno rispetto dell’autonomia dei docenti – l’opportuno livello di uniformità e standardizzazione dei percorsi e degli obiettivi di apprendimento; 2) offrire una esposizione autorevole, validata (sia dal punto di vista autoriale sia da quello editoriale e redazionale) ed efficace dei contenuti essenziali previsti dalle indicazioni nazionali; 3) utilizzare al meglio la caratteristica fondamentale della “forma libro”: la capacità di organizzare contenuti complessi in un percorso narrativo e argomentativo autorevole (che dunque non nasconde, ma anzi dichiara e valorizza la presenza della voce dell’autore o degli autori), unitario, organico. Da questo punto di vista il libro di testo rappresenta un’istanza di sistematizzazione dei contenuti e delle competenze oggetto del processo di apprendimento. “. Sulla base di questa definizione risulta evidente che il “Libro di testo” può (deve?) essere acquisito a tutti gli effetti come possibile strumento utilizzabile dagli studenti che apprendono in regime di istruzione parentale. E questo nonostante la normativa sembri limitarne l’uso al percorso di istruzione che avviene all’interno dell’istituzione scolastica. Ma è anche vero che, dal momento che le competenze da acquisire negli anni di istruzione sono state declinate in “Indicazioni Nazionali per il Curricolo”, un libro di testo che segua lo “schema” delle aree proposte dalle indicazioni potrebbe essere utile alle famiglie che desiderano avere, pur facendo apprendimento naturale e libero, un minimo di schema da seguire. Infatti, come possiamo leggere nella nota ministeriale prot. 2581 del 9/4/2014, le “Istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione, a partire dalle adozioni per l’anno scolastico …, l’editoria scolastica adegua i contenuti dei libri di testo della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado alle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, di cui al D.M. 254/2012. Pertanto, i libri di testo per la prima e la quarta classe della scuola primaria e per la prima classe della scuola secondaria di primo grado devono risultare rispondenti alle citate Indicazioni nazionali.”