La
storia più significativa è, forse, quella raccontata da Flavia
Piccinni, una giovane giornalista tarantina, che si occupa della
prima bambina vittima della ‘ndrangheta. Era il 1989, quando aLaureana di Borrello, un paesino a 20 km da Rosarno, alcuni killer
ammazzano un pregiudicato di 20 anni, tale Alfonso Tassone, e la
sorella Marcellina, che ha spento soltanto dieci candeline.
Questa
è “Narcomafie”, appunto. Si legge informazione libera per
contrastare la criminalità e i poteri corrotti, ma si deve tradurre
“come una sfida e una volontà di raccontare quello che nessuno
vuole raccontare”, sottolineaVincenzo Brascia, presidente della sezione “Libera” di Bitonto.
E
proprio “Libera”,
insieme alla “Libreria del teatro”,
ha organizzato sabato la presentazione dell’ultimo volume di
“Narcomafie”.
Quello
monografico, in cui “abbiamo
scelto – ha
spiegato Piero Ferrante, un redattore della rivista –di partire dalla sicurezza di generare insicurezza. Così, come si fa
con una Nazionale di calcio (combinando talenti e giovani di
prospettiva), abbiamo convocato un po’ di gente disposta a cambiare
la prospettiva sul racconto della società. E delle mafie nella
società. Scrittori, fumettisti, vignettisti, illustratori. Penne e
matite a raccolta da tutta Italia, insieme per svolgere un’azione
se non rivoluzionaria, quantomeno rivoltosa.Sono
racconti pieni, totali, popolati di anime inquiete, persone
quotidiane, nessun eroe e men che meno supereroe, uomini e donne
spesso con un conto aperto con la propria esistenza, che incontrano
per forza o per sbaglio le mafie sul loro cammino”.
E
numero che, ancora una volta, sfata due tabù. Non è vero che la
criminalità non ammazza i bambini (pensiamo a quello che è stato
fatto a Giuseppe di Matteo, a Giuseppe Letizia). È falso che la
criminalità non ammazza innocenti (vedi l’incredibile caso diDomenico Petruzzelli, tre anni, ammazzato a Palagiano nel 2011).
“La
rivista– è stato l’amarcord di Ferrante – nasce
nel 1993, all’indomani delle stragi di Capaci e via d’Amelio e quando
la mafia piazzava le bombe in giro per l’Italia. Erano gli anni in
cui si sviluppava anche “Libera” di don Luigi Ciotti, e la mafia
non si insegnava nelle scuole. Ma anche il periodo in cui a Foggia
venivano uccisi gli imprenditori per colpa della criminalità, e la
mafia era già arrivata al Nord con cadaveri eccellenti anche a
Torino”.
“La
lotta alla mafia – ha concluso il giovane free lance foggiano davanti a Barbara
Buttiglione e al quartetto di chitarre classiche PaReDigMa
G.q
– è
come un binario, in cui se mancano elementi chiave come la
magistratura e il giornalismo d’inchiesta, il treno deraglia ed è
difficile da poter recuperare”.