“Nah, sckitt cus ptit avai“.
Sulla scheda verdognola – spesso, in passato, buona per avvolgere fette di mortadella – campeggiava inequivocabile questa scritta in chiaro vernacolo bitontino.
Al posto della crocetta, che rappresenta il dovere nostro democratico, un disegno priapico.
Non cedete, lettori, alla facile tentazione di ipotizzare che fosse un’indicazione di voto da destinare ad un po’ tutti i candidati in lizza.
Era semplicemente uno dei tanti volti dell’antipolitica che, ormai, da anni soffia come un vento invisibile ed impetuoso lungo il frusto Stivale.
E l’odi et amo catulliano ha trovato pure ironico controcanto in un altro slogan spalmato su tutto quel foglio difficilissimo da ripiegare: “Vi lovvo tutti“.
Dunque, il partito che davvero ha trionfato in questa tornata elettorale è stato quello degli astenuti (più gli oltre mille che hanno annullato la loro presenza in cabina).
La ghiotta occasione del lungo week end, ma, soprattutto, la profonda sfiducia nei confronti della classe politica, che nulla ha fatto per non alimentarla massicciamente, han fatto sì che più di metà dei bitontini aventi diritto al voto non si siano recati alle urne.
Così, ha trionfato chi, per esempio, da anni esorta tutti a disertare il cruciale appuntamento, come l’intramontabile Gino Ancona che invita a dare il consenso al suo piccolo eppur tosto Tsunami e che, stavolta, manco ha fatto campagna (anti)elettorale.
Lo scollamento abissale fra la gente e chi la governa è stata testimoniata dai soliti taglienti manifesti di Semina urbana, che proponevano i Supereroi dell’adolescenza quali infallibili risolutori di tutti i nostri problemi e che, tuttavia, sono stati superati in simpatia dai coratini col candidato albanesiano Cetto Laqualunque ed il suo programma “più pilu pe tutti“.
Che, diciamocelo francamente, “tirerebbe” di più e farebbe centro a prescindere.