La dispersione scolastica – grave cancro che sta interessando a
più riprese incontri e convegni in tutta la Puglia e in città – è sicuramente legata
a contesti di povertà e di esclusione sociale.
Al riguardo, interessante s’è rivelato il seminario tenutosi ieri presso l’aula magna del I° Circolo didattico “N. Fornelli” dal titolo “Sviluppo armonioso del territorio: rigenerare comunità, coltivando saperi”.
Il dirigente dell’istituto ospitante, il prof. Carmelo D’Aucelli, ha sottolineato gli sforzi diuturni delle scuole bitontine e della necessità di “educare alla genitorialità” padri e madri perché “dispersione e abbandono vanno arginate soltanto facendo fronte unico fra le vari agenzie formative“.
«Purtroppo, i minori “dispersi” finiscono per essere facili prede della malavita, andando ad alimentare il business dello spaccio di sostanze stupefacenti, ingrossando le fila dei pusher», è stata la denuncia, forte e coraggiosa, del sindaco Michele Abbaticchio. Che poi ha continuato: «Abbiamo ereditato buone prassi nel
rapporto con le scuole presenti sul territorio, impieghiamo somme consistenti per i nostri plessi e crediamo nella insostituibile funzione sociale dell’istruzione».
L’impegno massimo per il settore scolastico è assicurato dall’assessore alla pubblica istruzione Vito Masciale, da una vita in questo malconcio, ma eroico mondo.
Anch’egli ha esortato tutti alla coesione: «Dobbiamo fare squadra per raccogliere i frutti per domani poiché povertà culturale vuol dire miseria sociale e carenza di democrazia».
Poi, inguaribile ottimista, s’è augurato che “la scuola non sia ancora quella accusata da Don Lorenzo Milani, ospedale che cura i sani e allontana i malati”.
A Bitonto sono ben 4500 le persone in situazione di
povertà ma “è necessario – ha evidenziato Marco
Tribuzio, direttore operativo Banco delle opere di carità – creare una
banca dati degli aiuti per capire se i bambini dispersi sono gli stessi che
vivono situazioni di indigenza”.
Il ruolo del bambino è fondamentale, però, per rompere
il cerchio delle difficoltà familiari, sociali ed economiche. «Il
bambino deve acquisire un ruolo da protagonista – argomenta Andrea Crivelli, della Fondazione l’Albero
della Vita -. Se rimaniamo ancorati a
numeri e dati non si fa altro che tamponare una situazione esistente».
Per Crivelli devono instaurarsi dei meccanismi di
ascolto e processi che generino cambiamento nel territorio.
«Bisogna
elaborare dei fenomeni di prevenzione con una rete che metta insieme scuole,
famiglie, istituzioni – consiglia – . Bisogna tornare ad una idea di scuola con momenti di condivisione,
benessere, accoglienza».
Forse, quello che i bimbi hanno perso è la voglia di
andare a scuola.
«Questo
deve accadere anche per gli insegnanti – continua – che se non stanno bene non riescono a
trasmettere quello che desiderano agli alunni. L’essenziale è riportare le
famiglie a scuola e sostenerli dove ce ne fosse necessità, anche in percorsi
formativi genitoriali e di ascolto. Creare una alleanza, una contaminazione tra
privato sociale e forme di educazione formale e non formale».
«Abbiamo
creato dei “Tavoli Lost” – spiega Orazio Nobile, della Fondazione Giovanni Paolo II Onlus – per poter costruire un senso di
responsabilità comune e comprendere dove si è sbagliato con i ragazzi».
Eppoi, dal fondo dell’aula si staglia Cesare Moreno, Presidente dell’Associazione
Maestri di Strada Onlus, il maestro con i sandali, che dal 1998 è uno dei
coordinatori del progetto Chance, per il recupero dei drop-out della scuola
media. Lavora in tutta Italia come formatore free lance alla formazione di
docenti ed educatori per l’inclusione sociale.
Ci racconta.
«A
Napoli stiamo cercando di fare interventi sulla comunità: attiviamo la partecipazione
di ragazzi, famiglie, artisti di strada, artigiani, che possano dare un buon
contributo alla crescita dei giovani. L’intervento per i ragazzi più
disorientati non si deve fare separatamente dagli altri c’è qualcosa che non
riesce ad esprimere e molti di loro sono fisicamente dispersi».
L’idea è quella di «fare
una scuola bella, significativa, segno di un luogo dove si può diventare
padrone di se stesso non entrare in una catena persecutoria dove sono disperso perché
economicamente o socialmente disagiato».
«È
necessaria la presenza di figure diverse. È sbagliato pensare che la dispersione è
complessa: ciò che è complesso è crescere – dichiara Moreno
-. Ci sono difficoltà nella ricerca di
punti di riferimento, crescere e vivere oggi è complicato, anzi è un processo
complesso già quando funziona».
Vivendo la situazione di una famiglia criminale si
hanno più rischi di dispersione e quindi di tendenza al delinquere?
«Sono
criminali perché sono ignoranti, sono ignoranti perché criminali –
epigrafico asserisce l’educatore -. Vivono
vite infelici e il compito della scuola elementare è alleviare il dolore. I
criminali, soprattutto i piccoli pesci, sono soldati che sanno di dover morire. Tempo fa,
fu ucciso il padre di un bambino nella classe dove operavo ed è terribile, come
per tutti, elaborare un lutto: era un criminale ma era pur sempre un papà».
Presente al convegno anche Letizia Cesarini Sforza, vicepresidente Europea Anti-Poverty Network (EAPN).
«Abbiamo
organizzato questo incontro preoccupandoci di povertà ma dobbiamo interrogarci
di come la scuola deve essere sviluppata all’interno della società se la
comunità vuole svilupparsi – dichiara Cesarini Sforza -. La scuola serve a creare essere sociali:
deve occuparsi di interpretare il loro cammino, sogni, le aspettative ed inserirli
in processi educativi sani».
E poi conclude: «Siamo
scandalizzati del maldestro utilizzo dei fondi scolastici. È un costume tutto nostro
quello di sprecare risorse, ce ne sono poche e finiranno per non essercene più.
Forse sono state sprecate perché sono andate solo alla scuola e non a tutto ciò
che le gravita attorno».