«Viviamo in un’epoca in cui siamo incapaci di cogliere il vero significato dei fenomeni, i loro aspetti, anche quando ci vengono chiaramente mostrati».
A parlare è Leonardo Palmisano, etnografo e scrittore, docente di Sociologia Urbana al Politecnico di Bari, che martedì è stato ospite nei locali della Fondazione Santi Medici.
Nella sua analisi a tutto tondo, che spazia dallo spaccio e dal consumo di droga, al triste fenomeno della tratta della prostituzione, Palmisano inizia parlando del vuoto di valori che troppo spesso affligge i ragazzi. E lo fa partendo dall’episodio che, una settimana fa, ha visto dei ragazzi celebrare il 18esimo compleanno di uno di loro, legando il festeggiato ad un palo di piazza Marconi e versandogli addosso diversi ingredienti alimentari. Postando ovviamente tutto sui social network. Il risultato è stato una piazza storica sporca e un fossato del Torrione Angioino riempito di rifiuti.
«È un sintomo della mancanza di valori di tanti giovani – sostiene lo sociologo – Non si rendono neanche conto di imbrattare una piazza storica e che quella piazza, quel palo, sono di tutti e per tutti, non è solo loro. Non hanno rispettato anche altri beni comuni, come il silenzio e il riposo, con quel comportamento che loro giudicano come una goliardata (va di moda purtroppo dire questa stupidaggine)».
Nella sua analisi, come già anticipato, Palmisano tocca anche altri problemi, come quello del consumo di droga e la prostituzione: «Ho difficoltà a parlare ai ragazzi dei disastri sociali che provoca la droga, perché nessuno racconta delle persone che vanno in giro come zombie, delle famiglie che vivono il problema. La vivono come una scelta di libertà. Non si rendono conto che finanziano un sistema che l’anno scorso ha ucciso un’anziana donna. Non viene spiegato che la criminalità non è fatta solo dallo spacciatore, ma anche da chi, dietro di lui investe denaro sporco in attività legali, una cosa meno manifesta ma più pericolosa. Stessa cosa per la prostituzione. E a nulla serve la legalizzazione di quest’ultima. Non eliminerebbe lo sfruttamento, ma lo legalizzerebbe».
«Nei ragazzi è in atto una crisi di identità e lo vediamo anche dai riti di affiliazione alle organizzazioni jihadiste e a quelle criminali, che spesso sono simili» aggiunge l’ospite, concludendo: «Noi che vogliamo essere la parte sana della società, dobbiamo imparare a riconoscere la complessità dei fenomeni. Non tutti, perché guru e tuttologi non servono e dobbiamo riconoscerci in sistemi condivisi di regole».