Tutti noi vorremmo che i nonni fossero eterni.
E, forse, in parte già lo sono perché entrano nella nostra vita già attempati e ci restano così, con quelle rughe scolpite sui polpastrelli delle nostre dita, con quelle smorfie curiose che ci conquistano subito, con quegli occhietti un poco acquosi di malinconia che ci insegnano il dolore e a resistervi.
Anche quando la loro memoria va in frantumi ed il loro sguardo sembra perduto in un labirinto invisibile, noi li amiamo ancora di più, perché non possiamo dimenticare le loro carezze e i loro sorrisi. E, soprattutto, resta sempre grata la nostra manina ansiosa di posarsi nella culla di quella loro, più grande e liscia di anni.
E quando capita che papà e mamma litigano, solo le loro parole riescono a trovare la formula magica per tramutare in dolci suoni persino le urla più feroci.
Per tutto questo, abituati come siamo a sentirli dentro, ci accorgiamo quando il loro respiro, affaticato dai giorni, si va piano spegnendo.
Ed è questo l’attimo misterioso in cui avviene il miracolo.
Il cuore del nipote – anzi, della nipote: Teresa il suo nome – s’incastra alla perfezione col cuore del nonno – Sabino -, tessere mirabili di quel mosaico, spesso impazzito, che è la nostra esistenza.
È un istante irripetibile: i palpiti si abbracciano e volano via.
Un soffio e poi più nulla.
Almeno così penseranno chi li ha ancora cari quaggiù. Ce ne vorrà per uscire dal buio abisso in cui li ha sprofondati questa assurda tragedia.
Impossibile capacitarsene, sentendo la loro mancanza assoluta perché improvvisa e contemporanea.
E, invece, il nonno e la giovane nipote saranno per sempre qui, nella foglia bambina che trema sul ramo, nel vagito di un nuovo mattino, nell’acqua che zampilla lucente da una fontana…