Quanto
è bello star dinanzi allo schermo. Guardare – con il cuore prima che con gli
occhi – la vita che scorre, il prodotto di centinaia di menti che vive, si
anima, su un telo bianco.
Quante
volte abbiamo colto l’occasione d’andare al cinema per passare una bella serata
con gli amici o era il pretesto giusto per un’uscita romantica?
Di
romanticismo Bitonto negli anni ’50 viveva. Perché di cinema ce n’erano tanti:
il teatro “Traetta” era allora cinema “Umberto”, la banca sul corso era il
cinema “Traetta”, poi c’era il cinema “Galleria” in via
Giordano, il cinema “Coviello”, al posto dei grandi
magazzini c’era il “Super Cinema” in via Traetta, l’ “Odeon” era l’ “Arena
Giardino” e l’attuale Posta centrale l’ “Arena Traetta”. Per
fortuna c’è ancora chi queste storie può raccontarle scavandosi nel petto.
«Il cinema “Traetta” è sorto nel 1954 sulle
rovine di un vecchio teatro-cinema degli anni ’20 di proprietà della famiglia
Messeni, gli stessi che hanno costruito il Teatro “Petruzzelli” – principia il suo racconto Franco Decaro -. Nel 1938 mio
padre lo prese in gestione fino al 1952, anno in cui la Commissione di
vigilanza ritirò la certificazione di stabilità dell’edificio».
Ma
nelle intenzioni non c’era certo quella di lasciarsi sfuggire il sogno della
proiezione: «Papà – continua Franco –comprò il cinema insieme ad un altro
socio. Fu abbattuto quel vecchio teatro e ricostruito come cinema – teatro con
un palcoscenico, ma con i criteri del cinema senza palchi.Negli anni ’70 mio padre si ammalò e io,
appena 20enne, decisi di dedicarmi a tempo pieno al cinema».
Nel
frattempo il babbo del signor Franco venne a mancare: «Ho gestito da solo il cinema fino al 1982, quando l’arrivo delle Tv
commerciali cominciò a rovinare il patrimonio cinematografico. Avemmo una
proposta dalla banca Cattolica di Molfetta: voleva comprare la sala d’aspetto,
lasciandoci tutto il resto. Ci venne, così, l’idea di aprire il cinema nello
spazio che ci avanzava, ma durante i lavori di riadattamento ci fu un incendio
e sfumarono così tutte le nostre intenzioni».
La
famiglia Decaro, però, oltre che il cinema sul corso ebbe per qualche tempo
anche l’ “Arena Traetta”: «Il mio film preferito in assoluto è e resterà
sempre “Nuovo Cinema Paradiso” e
allora, mia cara, la ricordi la scena del bimbo sulla bici che trasporta
l’enorme bobina? A Bitonto accadeva un po’ la stessa cosa. C’erano i ragazzini
che dal corso correvano in bici su via Garbaldi, dove ora c’è la Posta
centrale, per portare la bobina dello stesso film, che s’era proiettato poco
prima, nel cinema all’aperto. L’esperienza durò circa una decina d’anni, dal 50
al 60, perché poi il terreno fu espropriato dalle Poste Italiane».
Ma non
era l’unica arena perché dove ora sorge l’ “Odeon”, prima c’era l’ “Arena
Giardino” gestita dai sign. Acquafreddae Felice Daucelli: questa funzionava
solo d’estate, finchè poi non decisero di ricoprire la struttura e creare l’
“Odeon”.
«Dopo ben 15 anni che era stato
creato l’ “Odeon”, nel 1959, lo prese in gestione mio padre Giuseppe – racconta Emanuele Coviello -. All’inizio
aveva una programmazione normale, solo nel 1980 decidemmo di trasformarlo in
cinema a luci rosse». Il cinema è tutt’ora epicentro dell’hard in tutta la
Terra di Bari: «Ci sono circa quaranta
ingressi al giorno da tutta la provincia, le altre sedi sono ad Acquarica, Canosa e Fasano»,afferma il proprietario. I proprietari, i fratelli Franco ed Emanuele Coviello,
che gestiscono anche l’omonimo cinema in via Repubblica gestiscono
quest’attività di famiglia da anni, ma la preoccupazione più grande resta «cosa ne sarà dopo di noi, in mancanza di
eredi a cui passare la tradizione».
Non
sempre però i cinema sono stati a gestione famigliare. Ricordiamo il “Galleria”, gestito dal sign. Chiddo, che era simpaticamente
chiamato il “pidocchietto”, perché grazie ai suoi prezzi più bassi era
frequentato da gente più umile. Lo stesso proprietario negli anni ’70 costruì
il “Super Cinema” in via Traetta e lo gestì per una decina d’anni.
Nell’80,
quindi, fu preso in gestione per 15 anni da Natale Recchia, un cinematografaro barese che vendeva manifesti
cinematografici usati alle sale della zona.
Il
“dopo” lo ricordiamo tutti: i magazzini “Ferri”, ora un supermercato, ma cosa
ne sarà del cinema?
«Bisogna accettare il progresso – conclude la nostra chiacchierata
il sign. Decaro –. Sono felice per i
multisala: si sono attrezzati per reggere la possibilità di funzionare, per
dare la possibilità ai giovani di frequentare le sale. La programmazione
commerciale è valida e variegata e poi ci sono sempre i cinema d’essai che
offrono qualità differente: sono stato tra i promotori e finanziatori dell’
“Abc” di Bari e credo che in questo campo della cultura non bisogna mollare
mai».
«L’essenziale – chiosa – è non rinchiudersi nella solitudine di
internet, di Netflix, e tutte quelle diavolerie che escludono la
socializzazione».
Torniamo
a strappare un abbraccio, mentre si finge un colpo di tosse, tra le poltrone
vellutate dei cinema. Se lo meritano.