Abbiamo, finora, spiegato cosa fossero i partiti di massa del secolo scorso, quale fosse il loro ruolo e quali fossero gli enti territoriali che si candidavano a governare. Ma, come abbiamo detto all’inizio della rubrica, il partito di massa, specialmente nella cultura socialista e comunista, non esauriva la sua funzione nell’ambito strettamente elettorale, ma accompagnava i suoi militanti “dalla culla alla bara” per citare Sartori.
Che significa, dunque? Significa che non era solamente un’organizzazione politica solida e diffusa sul territorio, composta da centinaia di migliaia di iscritti, da funzionari di professione, da dirigenti, da una struttura gerarchica che va dalla periferia al centro, da un’ideologia (almeno per i partiti di tradizione socialista che vedevano nell’emancipazione delle classi subalterne il loro fine ultimo), da un sistema di valori e da una cultura politica espressioni di una visione generale e complessiva della società e dell’umano.
Non era, insomma, solo l’assieme del “party on the ground”, del “party in central office” e del “party in public office”, per usare la tripartizione formulata da Richard Katz e Peter Mair (nomi che risentiremo più avanti), in “The Evolution of Party Organizations in Europe: The Three Faces of Party Organization”.
Oltre a tutto ciò c’era tutta una rete di organizzazioni collaterali che ricoprivano tutti gli ambiti della vita e delle attività dei propri iscritti, dall’informazione al lavoro, dalla ricerca al tempo libero. Organizzazioni come sindacati, case del popolo e circoli Arci, società sportive, cooperative, giornali e centri culturali e di ricerca.
Iniziamo a parlarne partendo dalle sezioni giovanili dei partiti, organizzazioni aperte a membri e simpatizzanti in giovane età di questi ultimi. Erano rappresentate nelle assemblee e spesso anche nei comitati direttivi e condividevano gli obiettivi principali, godendo spesso di autonomia. Ma erano anche molto di più. Fungevano da scuole di formazione politica. Anzi, furono le scuole di formazione politica per eccellenza del ‘900. La gran parte dei dirigenti passava prima per l’organizzazione giovanile e anche qualcuno nella classe politica attuale proviene dalle giovanili dei grandi partiti di massa.
Simbolo di un periodo in cui più forte era la mobilitazione politica tra i giovani, un periodo che va dal dopoguerra fino alla metà degli anni ‘80, le sezioni giovanili esistevano in molti dei maggiori partiti del tempo. Il Pci aveva la Federazione Giovanile Comunista Italiana, così come il Psi aveva la Federazione Giovanile Socialista Italiana e la Dc aveva il Movimento Giovanile della Democrazia Cristiana. A destra, invece, diversi sono stati i movimenti giovanili legati al Msi: dall’associazione studentesca Giovane Italia al Raggruppamento Giovanile Studenti e Lavoratori, che nel 1971 si unirono nel Fronte della Gioventù. Oltre a queste, poi, ci fu il Fronte Universitario di Azione Universitaria.
Organizzazioni che spesso rivendicarono anche la loro autonomia dai partiti di riferimento e che potevano contare su decine di migliaia di iscritti in tutta Italia.
Nelle interviste fatte quando abbiamo passato in rassegna i vecchi partiti della Prima Repubblica, quasi tutti hanno fatto sottolineato l’esistenza e la loro partecipazione in quelle sezioni giovanili.
«C’era una sezione giovanile che si ispirava alle idee di La Pira e che era animata da Cosimo Coviello e, poi, Giovanni Procacci. C’era una vivacità che oggi non c’è più» ci disse Michele Giorgio parlando del movimento giovanile della Democrazia Cristiana di Bitonto, di cui vediamo, nella foto tratta dal video realizzato all’epoca da Dino Verriello e disponibile sul suo canale Youtube, uno striscione realizzato ed esposto al corteo fatto in città dopo l’uccisione di Aldo Moro. Anzi, quei giovani, come ricorda Giorgio, furono protagonisti di quella grande manifestazione, realizzando un documento in memoria dello statista e contro le Br, che distribuirono ai cittadini.
«Negli anni della Prima Repubblica c’è stato un fiorire di giovani che si sono affacciati alla politica nel Psi, nel Pci, nella Dc, perché erano cenacoli veri e propri, scuole in cui si iniziavano a capire i problemi della società, le difficoltà di amministrare – è, invece, il ricordo di Emanuele Masciale per il Psi – Dopo il tempo giornaliero dedicato allo studio, era naturale frequentare il partito, dove si incontravano coetanei e, con loro, si incontravano chi era già sulla breccia: consiglieri comunali, assessori, sindaci, per iniziare a capire con loro le problematiche verso cui saremmo andati incontro quando avremmo raccolto il loro testimone. Così quando ci sarebbe stato il ricambio, avremmo avuto un’idea di quello a cui saremmo andati incontro, non come i dilettanti allo sbaraglio che oggi affollano le arene politiche».
A sottolineare il ruolo di “scuola di formazione politica” è Giuseppe Rossiello, ricordando gli incontri tra i giovani e chi, nel partito, aveva già fatto ampia strada: «Facevano scuola e si imparava tanto. Si andava agli incontri politici con un quadernetto per prendere appunti. La preparazione era fondamentale. Prima di arrivare a ricoprire incarichi era necessario un cursus honorum».
Sulla stessa scia, Anche Franco Tassari, che iniziò la sua esperienza politica nella già citata Giovane Italia, il braccio studentesco del Msi fino al 1971: «Si organizzavano incontri e convegni a cui si partecipava sempre molto volentieri».
Negli ultimi anni, notoriamente, sempre di più i giovani hanno perso quell’interesse verso la politica attiva e sono riluttanti all’attivismo di carattere partitico. I partiti attuali hanno ancora sezioni giovanili. Il Pd ha i suoi Giovani Democratici, il Psi ha la Federazione dei Giovani Socialisti, Forza Italia ha Forza Italia Giovani, la Lega ha la Lega Giovani. I Verdi hanno i Giovani Verdi.
Ma la partecipazione dei ragazzi è sempre più risicata, complice la perdita di legittimità della politica. Ma non è nostra intenzione, qui, addentrarci nelle cause, rischiando di finire in discorsi demagogici che non tengono conto delle cause storiche che hanno portato alla situazione odierna. Se ne parlerà in seguito.