1979. Il decennio maledetto volgeva al termine, aprendo la strada ad un altro decennio di importanti cambiamenti che prepareranno la “grande slavina” dei primi anni ’90. Fu l’anno in cui si tornò al voto, dopo l’uccisione di Aldo Moro e della sua scorta, mentre la violenza dei terrorismi imperversava ancora per le strade e per le città italiane.
Si tornò al voto per rieleggere il Parlamento in un clima politico molto cambiato dopo l’omicidio Moro. L’esecutivo in carica, nato con l’intesa del marzo ’78, aveva confermato Andreotti alla guida del governo, con il Pci che garantiva l’appoggio esterno, nell’ottica di quel tentativo di distensione che democristiani e comunisti stavano portando avanti e che è noto come “compromesso storico”. La presentazione alle Camere di questo nuovo governo Andreotti era fissata proprio quel 16 marzo in cui Aldo Moro venne sequestrato dai brigatisti. L’epilogo della vicenda lo conosciamo bene e non è il caso, qui, di ritornare sull’argomento.
Quegli eventi ebbero pesanti ripercussioni politiche, soprattutto perché, venuta meno la figura mediatrice del politico pugliese, si sfalda quella solidarietà nazionale che era alla base del compromesso. I rapporti tra democristiani e comunisti tornarono, quindi ad essere più tesi ad essere più tesi e a nulla valsero i tentativi del Pci di entrare tra le forze di governo, sfruttando anche i successi ottenuti nella lotta al terrorismo e in campo sociale, con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Le resistenze democristiane furono forti e, da parte comunista, le accuse di immobilismo non aiutarono di certo a distendere nuovamente le tensioni. A complicare le cose, la decisione, nel ’79, di entrare nel Sistema Monetario Europeo, dopo sette anni di Serpente Monetario, quel sistema dii cambi fluttuanti nato nel ’72 con la fine degli accordi di Bretton Woods. Decisione che incontrò perplessità nel Pci.
Così, il 20 marzo ’79, Andreotti formò un nuovo esecutivo (il governo Andreotti V) insieme ai repubblicani e ai socialdemocratici, non ricevendo tuttavia la fiducia del Parlamento. Volutamente. Fu, infatti, l’uscita di due senatori Dc a far saltare la maggioranza per un solo voto. Decisione di Andreotti dovuta alla volontà di rispettare precedenti accordi con Berlinguer.
Per Andreotti, quelli furono anni difficili. Fu costretto ad assistere all’approvazione della legge che depenalizzava l’aborto, a cui era profondamente contrario e fu oggetto anche di pesanti accuse, da parte del settimanale “l’Espresso” e dei Radicali, di essere implicato, insieme al presidente della Repubblica Giovanni Leone, nello scandalo Lockheed. Accuse di cui fu dimostrata la falsità, ma che già nel giugno ’78, avevano spinto Leone a dimettersi. Fu sostituito da Sandro Pertini.
L’esecutivo Andreotti V, quindi, si dimise, portando Pertini a sciogliere le Camere e ad indire nuove elezioni, con due anni di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato parlamentare. Era la fine della Solidarietà nazionale.
Le elezioni politiche si tennero il 3 e il 4 giugno di quell’anno. Nel mese di aprile prese il via la campagna elettorale, che vide il Psdi tra i primi a promuovere incontri e dibattiti, come quello che, il 26 si tenne nella Sala degli Specchi, sul tema “Edificabilità dei suoli: la legge regionale n.6”, presieduto dall’assessore regionale al ramo Graziano Ciocia.
Per il Psi, tra gli intervenuti in campagna elettorale, il senatore Gaetano Scamarcio, candidato al collegio senatoriale di Bitonto, il professor Claudio Lenoci.
Nella Dc, i giovani del centro culturale “Giorgio La Pira”, in occasione del primo anniversario dell’assassinio di Moro inviarono una lettera ai segretari nazionali dei cinque partiti dell’ultima maggioranza, per invitare questi ultimi, in vista dell’appuntamento elettorale, all’unione e alla solidarietà contro la minaccia del terrorismo. Nelle fila democristiane, gli intervenuti furono il senatore Rosa, l’onorevole Lattanzio, l’onorevole Vernola, Rocco Buttiglione, Emilio Colombo, Stefano Cavaliere. Quest’ultimo ben espresse la ritornata ostilità della Dc ai comunisti: «La maggioranza con il Pci si è rivelata negativa, senza beneficio alcuno per il Paese e, dunque, sarebbe assurdo farla rivivere». Stesso scetticismo verso il Psi di Craxi: «Le dichiarazioni recenti del segretario Craxi e del vicesegretario Signorile non consentono di sperare che il Psi muti atteggiamento. È necessario mirare ad una maggioranza che prescinda da partiti marxisti».
Per il Pci intervennero Adriana Ceci, Mauro Zaccheo, l’onorevole Vitilio Masiello
Le elezioni politiche furono vinte dalla Democrazia Cristiana con il 38,30% dei voti alla Camera (38,34 al Senato), mentre il Partito Comunista si fermò al 30,38% (31,46), seguiti da tutti gli altri partiti. A Bitonto i risultati non furono diversi. Ad essere eletti come senatori, nel collegio di Bitonto furono Vito Rosa per la Dc e Gaetano Scamarcio per il Psi. Alla Camera i bitontini che risultarono eletti furono Arcangelo Lobianco e Giuseppe Degennaro, entrambi nelle fila della Dc.
L’affluenza fu molto alta e raggiunse il 90,95%, anche se proprio da quegli anni iniziò un rapido incremento del fenomeno dell’astensionismo.
Ma le elezioni politiche non furono le sole elezioni che si tennero in quel mese. A distanza di una settimana, infatti, si tennero anche le prime elezioni per l’elezione del Parlamento Europeo. I nove stati dell’allora Comunità Europea (discendente della Ceca, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) si ritrovarono coinvolti, così, nelle prime elezioni internazionali della storia, che furono vinte dal Partito Socialista Europeo, che si aggiudicò 113 seggi, mentre il Partito Popolare Europeo si fermò a 107. A seguire il Gruppo Democratico Europeo, il Grippo Comunista, il Gruppo Liberale e Democratico, i Democratici Europei del Progresso e il Gruppo di coordinamento tecnico e di difesa dei gruppi e dei deputati indipendenti (Cdi).
L’affluenza fu del 63%, risultato mai più raggiunto in questo nuovo tipo di appuntamento elettorale. In Italia, rispetto alle politiche di qualche giorno prima, sia la Dc sia il Pc persero qualche consenso, a vantaggio del Partito Socialista. Ma, grosso modo, le differenze tra le varie forze si mantennero invariate. Fra gli eletti più in vista ci furono il segretario del Pci Enrico Berlinguer, l’ex presidente del Consiglio Mariano Rumor (Dc) e Salvo Lima (Dc), rimasto in carica fino alla sua morte, avvenuta, per mano mafiosa, nel ‘92.
Fu eletta, come primo presidente dell’Europarlamento, la francese Simone Veil, che nell’82 sarà sostituita dall’olandese Piet Dankert.
Per il Gruppo Tecnico degli Indipendenti furono eletti anche tre Radicali italiani: Marco Pannella, Emma Bonino e Leonardo Sciascia che erano anche stati eletti nella Camera dei Deputati.