“Un grido che si eleva dai familiari di Paolo così forte che ci interpella tutti. Un grido che non si può lasciare nell’indifferenza. Umanamente il grido esprime tutta la nostra sofferenza e incredulità ed è un grido che oggi ciascuno di noi deve lasciar cadere nella propria coscienza”. Sono le parole di don Paolo Candeloro, dette durante l’omelia del funerale del 41enne Paolo Caprio, morto domenica all’alba dopo una rissa avvenuta in una stazione di servizio alla periferia di Bitonto, nel Barese. A colpirlo mortalmente il 20enne Fabio Giampalmo, ora nel carcere di Bari accusato di omicidio volontario. Per la città di Bitonto una “esperienza amara”: “la morte di Paolo oggi ci interpella, deve chiederci che tipo di vita stiamo vivendo – ha aggiunto don Paolo -. Se ci stiamo sforzando di vivere gesti concreti di bene e di verità. Si uccide con le armi e con le parole. È facile metterci in un atteggiamento di giudizio verso gli altri: siamo vittime e carnefici anche noi”. Il parroco ha invitato la comunità a tirar fuori “da noi il bene, non la cattiveria, la violenza. Non dobbiamo crederci migliori degli altri. La morte di Paolo ci chiede di cambiare il nostro modo di vivere. Non abbiamo bisogno di belle parole ma di gesti che dobbiamo rendere concreti nella vita di ogni giorno, nelle nostre famiglie, sul posto di lavoro, nella nostra città. Non si può rimanere ancora una volta indifferenti”. È necessario lavorare tutti insieme “collaborare con le istituzioni ma il primo lavoro è dentro di noi – ha ribadito durante l’omelia -. La morte di Paolo ci dona questo invito a migliorarci: è una morte che deve scuoterci dentro e non ci deve far perdere tempo, come cittadini e come cristiani”. Bisogna “lottare per la verità, per la trasparenza, nei rapporti quotidiani. Il signore ci chiederà questo: quanto amore siamo stati capaci di mettere nelle cose di ogni giorno, quanto mi sono sforzato di operare il bene nella mia vita. È una momento che scrive anche la nostra storia cittadina”. Don Paolo ha ricordato anche la morte dell’84enne Anna Rosa Tarantino, vittima innocente di mafia, avvenuta il 30 dicembre 2017: “Paolo si aggiunge a questo elenco, ma ora basta, abbiamo bisogno tutti di vivere di gesti concreti, basta con questo modo di vivere, con questi nostri atteggiamenti. Il grido di oggi sia pieno di speranza per il domani perché possiamo fare meglio. La morte è una pagina amara – ha concluso don Paolo -, non saremo mai pronti perché ci coglie in una esperienza che ci segna dentro, è distacco è vuoto, è assenza, ma nel Signore è il passaggio”.