L’abitudine, la ritualità di certi gesti, il ripetersi lento delle operazioni quotidiane, quando interrotti da eventi nuovi, scatenano una nostalgia difficile da controllare. Per chi ha vissuto un’intera vita nello straordinario sud, è difficile per esempio abituarsi alla neve.
E capita dunque di passeggiare in un parco, di sera, sotto un cielo rosso pronto a esplodere, con lo stupore di un bambino, fissando il colore cristallino dei prati ghiacciati. In questi momenti ogni cosa è avvolta da una luce nuova: gli occhi di chi ti passa accanto, soffiandosi alito caldo tra i pugni chiusi. Il cane piccolo, che corre e scivola ai bordi del lago ghiacciato. L’albero, scarno e secco, come sciolto sotto un disco che, del sole, ne è solo un’ imitazione improbabile.
E i ricordi poi arrivano: le vecchie abitudini, la tua città, che è facile immaginare così bella e vivace nei giorni di festa. Oggi, in questo paese lontano dalla nostra Bitonto, ci si sente più bitontini che mai. Proprio perchè il colore della neve ha questa luce nuova, come se mai vista, difficile da decifrare.
Sono gli ultimi giorni dell’anno. C’è chi polemizza: gli anni alla fine sono tutti uguali, e allora gli auguri sono pura ipocrisia. C’è chi sogna; scriviamo le liste dei desideri, mettiamo a fuoco i nostri propositi. C’è chi spera; ecco l’ora di rimboccarsi le maniche per migliorarsi è arrivata. C’è chi soffre; maledetto anno, finalmente vai via! E c’è chi scappa: dalle responsabilità, dalle paure da affrontare, dagli amori in cui credere, da un ideale. Ogni storia ha in sè la sua storia.
Potremo leggerla o a scriverla, poco importa: le storie hanno da sempre un fascino tutto loro, al di là del ruolo che noi tutti siamo chiamati a ricoprire.
Ciò che conta, adesso, sono questo piccolo sentiero (innevato e luminoso, ricco di silenzi) sul quale chi scrive sta camminando e la nostalgia che, in fondo, riscalda. E sono la migliore occasione per augurarvi il meglio, in questi giorni di due anni qualsiasi che si inseguono.