(di Donato Rossiello, Nico Fano)
Gli ultimi trimestri si sono rivelati particolarmente brillanti in ambito economico, trainati (a fasi alterne) da diverse aree geografiche. In particolar modo la Cina ha svolto un ruolo centrale nella ripresa per tutto il 2020; prima nel rimbalzo, rispetto agli altri Paesi ha colmato più velocemente le perdite grazie all’efficace azione di contenimento della prima fase pandemica e ai sostegni monetari e fiscali da parte del governo. A seguire, gli Stati Uniti hanno attutito gli effetti della seconda ondata per via di un tempestivo avvio della campagna vaccinale e gli straordinari stimoli fiscali. L’Europa ha dimostrato un’iniziale frammentarietà, accusando il contraccolpo a cavallo tra il 2020 e il 2021, poi l’accelerazione nella somministrazione dei vaccini ha consentito un rapido recupero, arrivando a superare gli stessi USA in termini di crescita relativa al secondo trimestre del 2021 e a colmare il divario col livello di PIL pre-Covid entro la fine di quest’anno.
Il recupero ha persino stupito gli analisti, i quali hanno dovuto rivedere al rialzo le loro precedenti previsioni. Per citare qualche esempio lampante, nel più recente “reporting season” l’88% delle società nell’indice S&P 500 ha riportato utili superiori alle attese, con una crescita aggregata media del 95% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In Europa tali valori si attestano rispettivamente al 64% e al +152% nello Stoxx Europe 600.
Nel corso dei mesi estivi la crescita ha continuato a marciare, sebbene siano emersi segnali di fisiologica decelerazione. Gli indici di fiducia di imprese e consumatori si sono affievoliti e le vendite al dettaglio in USA hanno frenato. Le ragioni risiedono in una concomitanza di fattori: il subentrare della variante Delta a maggiore trasmissibilità che ha appesantito il recupero dei consumi e il ripristino della spesa in servizi, segue il rallentamento della Cina (tra riduzione degli impulsi creditizi e fiscali, a cui si aggiunge la reintroduzione di misure restrittive localizzate per far fronte ai nuovi contagi), infine il protrarsi dei colli di bottiglia nelle catene produttive (scarsità di componenti e aumento dei tempi/costi di trasporto delle merci).
Non trascuriamo, poi, che l’ultimo anno e mezzo potrebbe avere un impatto rivoluzionario sulle prospettive a lungo termine dell’economia mondiale. La pandemia ha di fatto intensificato alcuni processi già in atto ma che stentavano a decollare, come la digitalizzazione, la ricerca e sviluppo di soluzioni innovative, la svolta climatica, l’orientamento green della politica, ecc…
Le stime OCSE indicano un proseguimento del trend di crescita della produttività anche per l’anno prossimo, non solo Oltreoceano ma anche nel Vecchio Continente e Italia (fuori così da lunghi anni stagnanti in tal senso). Un ruolo cruciale lo svolgeranno i piani fiscali di rilancio strutturale dei governi, focalizzati su infrastrutture, clima, welfare e digitale. Il nostro Next Generation EU e i piani del presidente Joe Biden saranno opportunità chiave.