(di Donato Rossiello, Nico Fano)
Il terzo trimestre dell’anno si è contraddistinto per gli ottimi risultati in ambito aziendale.
L’incertezza generata dall’aumento dell’inflazione, i colli di bottiglia produttivi nonché l’avvio della normalizzazione monetaria è stata di gran lunga compensata da un concreto ottimismo, il quale ha avuto dalla sua due importanti fattori stimolanti: il prosieguo della ripresa economica globale e gli orientamenti accomodanti delle Banche Centrali – con conseguenze dirette come il calo della volatilità e i principali indici azionari su nuovi massimi storici.
La performance globale dei mercati azionari a ottobre registra una progressione dell’indice globale MSCI All Country World di +5,1% (il maggior rialzo mensile del 2021). In USA l’S&P 500 e il Dow Jones chiudono il mese sui record, con rialzi rispettivamente del 7% e del 5,9%. In Europa l’indice generale STOXX 600 segna un +4,7%, con il nostro FTSE MIB in testa tra i principali Paesi dell’area (+4,8%) sui massimi da ottobre 2008.
Una spinta alle quotazioni giunge sicuramente dalla reporting season; infatti le aziende hanno segnato una forte crescita degli utili rispetto al medesimo periodo del 2020 (+41,5% per lo S&P 500 e +57,2% per lo STOXX 600). Un trend, questo, che si mantiene ben sopra le attese del mercato, con più dell’80% delle società a superare le stime previste.
I dati trimestrali ribadiscono la fase di espansione economica globale, sebbene ad un ritmo moderato rispetto ai due trimestri precedenti e con un andamento diversificato tra aree geografiche. L’Eurozona si è contraddistinta per un’ulteriore accelerazione del PIL (+2,2%), prossimo ai livelli pre-pandemia. E all’interno del panorama europeo l’Italia ha messo a segno una crescita del 2,6%, confermandosi uno dei Paesi del Vecchio Continente con la progressione più solida e proiettandosi ai livelli di fine 2019 già a partire dal primo trimestre 2022.
Dopo l’exploit negli Stati Uniti assistiamo alla fisiologica decelerazione, con una crescita trimestrale di +0,5%, che rappresenterebbe il ritorno ad un trend “normale”.
Le scelte governative caratterizzate da piccoli lockdown estivi e strette sul mercato immobiliare hanno invece influenzato il quasi nullo +0,2% della Cina. Il Governo di Pechino persegue con piglio deciso l’idea di crescita equa e sostenibile nel medio-lungo termine.
Il contesto attuale vede salire il termometro dell’inflazione, come risultato delle spaccature nell’offerta originate dalla pandemia e della rapida ripresa della domanda (soprattutto di beni fisici) favorita anche dai tempestivi supporti dei Governi. Ma, stando al parere di esperti analisti, molti dei fattori che oggi esercitano una pressione al rialzo sui prezzi finiranno con l’attenuarsi gradualmente nei prossimi mesi, man mano che domanda e offerta si riequilibreranno.