(di Donato Rossiello, Nico Fano)
L’esordio del nuovo anno sui mercati finanziari è stato caratterizzato da una certa positività di fondo: si guarda alla tanto auspicata ripresa ciclica, schiodandosi dalle precarietà critiche attuali.
Negli Stati Uniti – complice il Congresso a maggioranza Democratica – è stato approvato un ulteriore pacchetto di stimoli fiscali (900 miliardi di dollari), portando alla crescita del rendimento decennale statunitense di oltre 20 punti base nell’arco di una sola settimana (sopra l’1% per la prima volta dal fatidico marzo scorso). Questo ha contribuito a favorire quei titoli ciclici e value, tra cui i finanziari e gli energetici.
L’aumento dei rendimenti a lungo termine e i timori di un possibile incremento della pressione fiscale hanno penalizzato i titoli growth, in particolare quelli tecnologici.
Gennaio risulta “impreziosito” da altri due eventi, che però sembrano non aver inciso più di tanto nell’immediato, ovvero l’assalto al Congresso USA (il 6) con relativo avvio alla seconda procedura di impeachment per Donald Trump e l’acutizzarsi della crisi di governo in Italia con l’ipotesi di elezioni anticipate.
È stato un avvio in bilico tra i timori e le difficoltà legate al persistere della pandemia e le speranze di un pronto ritorno alla normalità. Certo, l’insorgere poco rassicurante di varianti/mutazioni del virus ha indotto un gran numero di Stati a prolungare ed inasprire le restrizioni per il contenimento, con conseguenze dirette per l’economia. Non sorprende che i consumi e i servizi appaiano in forte flessione. Nell’Eurozona, infatti, si registra un calo delle vendite al dettaglio, nonché una contrazione dell’indice di fiducia nelle imprese di servizi; andamento analogo oltreoceano, pur in misura contenuta e con buoni livelli di fiducia (per le ragioni di cui sopra). Il settore industriale europeo sta mostrando un’elevata resilienza, ottenendo risultati quantomeno incoraggianti (per esempio gli ordini tedeschi di novembre a +2,3%).
Insomma, si delinea uno scenario di generale debolezza per il primo trimestre dell’anno, soprattutto in Europa dove si prevede una caduta del PIL più marcata, sebbene in misura decisamente inferiore rispetto alla prima ondata Covid-19. Un punto cruciale per la ripresa è rappresentato dagli esiti delle campagne vaccinali. Ad oggi, sono state già somministrate oltre 30 milioni di dosi in tutto il mondo, ad un ritmo in costante accelerazione e con processi di distribuzione man mano più efficienti.
Ma nel 2021 si ipotizza un gran rimbalzo dell’economia reale, proprio grazie a quei settori finora svantaggiati (turismo, ristorazione, tempo libero, ecc…). Con il ritorno alla normalità, ci sarà un’incontenibile voglia di spostarsi, viaggiare, frequentare cinema, ristoranti ed eventi dal vivo, ovvero tutto ciò a cui s’è dovuto rinunciare per un lungo periodo di tempo. L’incremento dei risparmi delle famiglie, indotto dal calo della spesa e dalle politiche fiscali dei Governi, è plausibile venga convogliato in tal senso.
In generale la Banca Mondiale stima quindi una crescita del +4% (dopo il calo del -4,3% nel 2020), con differenze sostanziali tra Paesi e aree geografiche, Oriente e Occidente. La migliore gestione della pandemia nei Paesi asiatici resta un dato schiacciante di cui se ne discuterà per i mesi a venire.