Numerosi sono i documenti e il materiale ritrovati tra le carte conservate nella vecchia sezione dell’Anpi di Bitonto: liste di nomi, tra militari e partigiani, caduti per mano fascista, richieste per riavere indietro salme di militari ritrovati in Jugoslavia e documenti che raccontano storie di chi quella storia di oltre settanta anni fa l’ha vissuta, di chi è morto. Tra questi documenti vi è la testimonianza della morte di un sottotenente bitontino, Giuseppe Modugno, ucciso a poche ore dall’annuncio dell’Armistizio, nella notte tra l’8 e il 9 settembre ’43, a Parma, dove era in servizio. Una storia che merita di essere raccontata, in occasione delle celebrazioni del 25 aprile.
Il documento riporta la testimonianza, rilasciata al notaio Francesco Vacca il 1 febbraio ‘46, del maresciallo maggiore Simeone Donato, in servizio nel distretto militare di Parma. Testimonianza rilasciata su richiesta di un familiare del soldato bitontino, per certificare il decesso.
Il 9 settembre è la data riportata. Le 5 del mattino, invece, l’orario. Erano passate solo 9 ora da quando fu comunicata, alla radio, la notizia dell’armistizio, della resa italiana di fronte agli Alleati. Mentre l’ex amico tedesco si era, di colpo, trasformato in nemico, l’Italia si spaccava in due. Da una parte quella già liberata dall’influenza fascista, quella invasa dagli anglo-americani, che il giorno successivo avrebbe visto la capitale spostata da Roma (ancora sotto il controllo fascista) a Brindisi. Dall’altro l’Italia centro-settentrionale che, il 23 settembre, divenne Repubblica Sociale Italiana, nota anche come Repubblica di Salò, con capitale Roma. Fu dunque l’inizio di una lunga e sanguinosa guerra civile. E i militari italiani si trovarono spesso impreparati ad affrontare quei tedeschi che, fino a poco tempo prima, furono alleati.
«Il mattino del 9 settembre ’43, verso le ore 5, si recava al Comando della Scuola di Applicazione di Fanteria in Parma, dove era effettivo – è la testimonianza del maresciallo, riportata in terza persona, come si usava – Veniva fatto prigioniero da sei soldati tedeschi ed un ufficiale delle SS tedesche e condotto in macchina di fronte al voltone della Caserma Farnese (Pilotta) e precisamente all’imbarco del ponte che conduce ai giardini pubblici (lato est). Qui i tedeschi fermavano la macchina e la motoretta. In quell’istante, da viale Toschi, sopraggiungeva il sottotenente Modugno, che a passo svelto si recavaalla scuola Applicazione di Fanteria, alla quale era effettivo, senonchè quando giunse di fronte alla macchina e cioè al lato opposto del ponte l’ufficiale tedesco gli intimava l’alt, ma il sottotenente Modugno proseguì e a passo sempre svelto voltò sul ponte. Giunto all’altezza del secondo lampione destro del ponte, benchè gli fosse nuovamente intimato l’alt, continuava a camminare».
Fu lì, dunque, che avvenne la tragedia, come racconta il militare Simeone Donato che, avendo già invitato il bitontino a fermarsi, intuendo il pericolo e malgrado fosse in mano tedesca, si alzò in piedi e gridò: «Si fermi signor tenente, altrimenti l’uccidono».
«Al mio richiamo – continua il documento – il sottotenente Modugno si voltava e con lo sguardo stravolto tentava di estrarre la sua rivoltella, ma in quell’istante fu raggiunto da diverse cariche di mitra che lo facevano stramazzare».
Dopo aver invocato aiuto, il militare morì e fu raggiunto dai tedeschi che, come racconta l’autore della testimonianza, «lo depredavano tutto quanto egli aveva indosso, compreso cinturone e rivoltella».
«Dopo questo deplorevole fatto, fui anch’io disarmato dall’ufficiale tedesco e condotto alla Caserma Cittadella, dove trovai parecchi ufficiali della scuola Applicazione di Fanteria, assieme al Colonnello Comandante, al quale riferii l’accaduto» conclude Simeone Donato.