Ospitiamo l’intervento della poetessa Angela De Leo a commento della splendida manifestazione intitolata “Fiero del Libro”, realizzata nei giorni scorsi a Corato dalla Secop Edizioni di Peppino Piacente.
“Cari
lettori, anche
questa terza edizione di Fiero del Libro, intitolata “LEGGERMENTEPICCOLI”,
perché dedicata ai bambini di tutte le età, si è felicemente conclusa,
lasciandoci una luminescenza tenera e lieve, quasi aurorale, per qualcosa di
bello, di pulito, di sognante che si è depositato nell’anima irrorandola come
rugiada.
Il
miracolo è avvenuto perché questa volta sono stati protagonisti appunto i
bambini, e gli adolescenti, con i genitori, i nonni e gli altri componenti
della famiglia, più i loro insegnanti.
E
più più: i libri. Quelli per bambini/adulti e adulti/bambini. Quelli per i
bambini/bambini.
I
libri che fanno sognare, fanno riflettere, fanno giocare.
I
meravigliosi libri che fanno sperare in un mondo migliore.
Grazie
a Peppino Piacente che ha fortemente voluto questo “Fiero”, povero di superbi
“fronzoli elettronici” e di sponsorizzazioni, ma tanto ricco di valori, di
speranze, di fili d’amore da salvaguardare, annodare, proteggere. Con un sogno
in più da vivere. Nella coralità del nostro riconoscerci in quello in cui
crediamo e per cui quotidianamente lottiamo: la contaminazione dell’autenticità
attraverso la creatività.
Sono
stati tre giorni incantati, con tre momenti magici che si sono ripetuti per
tutte le tre giornate di venerdì, sabato e domenica di un novembre
insolitamente caldo e complice, rassicurante, di Fiero del Libro, nella
precedente edizione flagellato dalla pioggia (e si era ai primi di settembre!):
il dibattito, la presentazione di un libro, edito dalla Secop Edizioni, il
tenerissimo “Raccontiamoci la Buona Notte” per il saluto della sera.
Poi,
tanti giochi e laboratori per i bambini, e il loro incontenibile entusiasmo, il
loro meravigliato stupore: occhi grandi e un volo d’ali nello sguardo rapito.
A
concludere questa edizione del festival è stata, a sua insaputa, chiamata la
sottoscritta che, da “antica” signora, malferma sulle gambe e con un cuore che
le balza di continuo nel petto, ha avuto qualche minuto di totale smarrimento
con conseguente confusione mentale dalla quale si è ripresa grazie al filo di
lana rosso che Raffaella mentalmente le allungava. Si è aggrappata
disperatamente a quel filo che…fortunatamente… non si è spezzato. Le ha
suggerito le parole da dire. E così, ha ricordato i personaggi dei libri
presentati nelle prime due sere; ha rivisto gli occhi di fiaba di tutti i
bambini; ha guardato i genitori e i nonni ed ha sentito la dolcezza di dedicare
questa edizione “speciale” di Fiero del Libro ad una persona “speciale”, suo
nonno, un meraviglioso narratore di storie legate alla cultura popolare ed
accese con la lanterna magica della sua fantasia sempre bambina.
Ha
ricordato piano ed ha parlato piano sulla scia tenera tenera di quel vecchio da
sempre e per sempre nel suo cuore. Ed ha pensato che il suo amore per la
lettura e per la scrittura è nato da quell’ascolto quotidiano di fiabe, storie,
aneddoti di guerra, “minghionate”, come il suo vecchio/bambino le definiva:
perché dopo è andata a cercare quelle fiabe e storie e racconti nei libri.
Dunque,
l’ascolto ancora prima dei segni per riconoscere le parole e per riprodurle e
produrle. L’ascolto che nasce dal silenzio intorno e si fa tumulto del cuore ed
ali per la mente.
E,
poi, occorre mettersi in ascolto degli altri, soprattutto dei bambini, degli
adolescenti e dei giovani per capirli veramente nei loro sogni e bisogni, nei
loro timori e nelle loro speranze. Nelle loro fragilità e nel loro coraggio.
Occorre educarli, certo, a diventare migliori di noi, ma per farlo bisogna
conquistare realmente la loro fiducia, il loro amore.
Ecco
è sempre e solo questione d’amore.
Un
bambino amato non sarà mai un bambino difficile, un adolescente amato non sarà
mai un deviante, un giovane amato non sarà mai perduto alla vita e al sogno di
realizzarsi al meglio di sé. E, perché ogni bambino, ogni adolescente, ogni
giovane si senta amato, ha bisogno di adulti che lo ascoltino e si prendano
cura di lui con disponibilità, con attenzione, con amore.
Sono
stata insegnante e mamma anch’io e nella scuola ho imparato a “leggere” le
innumerevoli realtà composite, e fortemente variegate, delle famiglie dei miei
alunni e degli studenti in genere proprio dai loro comportamenti, dall’amore o
dal disamore che nutrivano per i libri e per lo studio. Dalla violenza e
dall’aggressività, dal rifiuto e dall’insolenza, dall’indifferenza. Oppure
dalla disciplina, dall’ordine, dall’interesse, dallo sforzo per imparare, dalla
gioia della ricerca e della scoperta, dall’entusiasmo per un traguardo
raggiunto, per una conoscenza appresa, per una esperienza condivisa. I miei
alunni mi hanno fatto apprendere molto di più di quanto essi stessi abbiano
potuto apprendere da me. Spesso abbiamo imparato insieme. Una volta, un alunno
“difficile”, dopo aver frequentato l’intero triennio della scuola media, e dopo
i vari miei solleciti perché mi facesse parlare con i suoi genitori invano, mi
disse a fine anno scolastico, prima degli esami: “professoressa, ma chi devo
far venire a scuola? Ci parliamo ogni giorno noi due. E allora? Possibile che
non avete capito che io sono il padre e la madre di me stesso”?
Mi
fece vergognare della mia insistenza. Della mia superficialità.
Fu
una lezione di maturità e di vita che non dimenticherò mai.
I
ragazzi vanno ascoltati.
Il
verbo EDUCARE, oltre a significare “trarre fuori” da educere, potrebbe
suggerirci, scomponendolo in ?do, dar alla luce, ma anche ?do, mangiare e in care, mi
è a cuore, non soltanto la capacità di tirare fuori i talenti delle nuove
generazioni, ma di continuare ad amarle sempre preoccupandoci del loro cibo
quotidiano materiale, ma soprattutto di cibarle di amore, fantasia, tenerezza.
È questa, a mio parere, la forma più grande della genitorialità e dell’amore
oblativo. E i fili invisibili del sentimento e della felicità di essere
“insieme” legano le generazioni da genitori a figli, da adulti a bambini, senza
spezzarsi mai. Perché i sogni dei vecchi e quelli dei bambini s’incontrano
sempre, se vissuti con amore, a metà strada, in quanto i vecchi camminano verso
il passato per incontrare il bambino che sono stati, chiuso nello scrigno del
cuore, e i bambini corrono verso il futuro per diventare subito grandi.
Nel
presente, l’incontro.
Per
poter percorrere un pezzo di strada insieme, finché l’alba non ci sorprende a
sperare nel nuovo giorno. Come è accaduto a me domenica sera… e avevo un
sorriso di poesia tra labbra e cuore”.