Nella Genesi si legge che “Dio formò l’uomo dal fango della terra, gli insufflò nelle narici un alito di vita e l’uomo divenne anima vivente”.
È dalla terra che tutto nasce, cresce e muore. Per Damiano Bitritto la terra, sua stessa essenza, è stata da sempre “un ricordo fanciullo” che poi, con il tempo, si è mostrato sempre più presente e pregno di significato nella sua arte, scoperta in tarda età. Ha 48 anni Damiano e di mestiere fa il tappezziere e quando lo incontriamo ha quasi timore a definirsi “artista”. La timidezza dello sguardo, la voce sottile, mi fanno capire da subito tante cose. Mi spiego persino perché a raccontare di quest’anima bella sono prima di tutto i suoi amici, primi sostenitori di quello che è un sogno, diventato passione e anche un po’ realtà. Mi spiegano persino uno dei suoi quadri: dei colori che colano su una tela e una sega, incastrata a metà del quadro, ad indicare il momento da cui tutto è partito. Anzi ri-partito.
“Da piccolino, avendo una famiglia a vocazione agricola – mi racconta – ho sempre pasticciato con il terreno. Mi piaceva modellarlo, giocarci, creare delle piccole cose. Poi ho smesso. Sai, si cresce, si diventa più grandi e l’unica cosa di cui ti importa è il lavoro, la famiglia, le priorità che ogni uomo si dà. Così è solo da poco più di un anno che ho ripreso a fare ciò che facevo da bambino: prendere tra le mani la terra, la nostra terra, e dare forma ai pensieri”.
Ma cosa ti ispira soprattutto? “Tento di ritrarre sempre la donna come madre terra, come colei che dà la vita, la custodisce al suo interno, la protegge – continua Damiano -. Da questa idea nasce una delle mie prime sculture che poi è risultata vincitrice del Primo Premio al concorso ‘La mia Africa’”.
Una donna di colore, senza il capo, ma con un velo bianco che tutto accoglie, purifica. Perché l’arte stessa è così, come i pennelli che corrono veloci, tra i pensieri, le paure, le speranze, l’inaspettato.
Poche settimane fa, poi, la chiamata improvvisa. Ben due opere (una è quella che vi mostriamo qui in foto) del nostro concittadino sono state selezionate alla “Bibart” la Biennale Internazionale d’Arte di Bari, la prima rassegna d’arte contemporanea – in tutte le sue forme – del capoluogo. “Madre Natura” e “Passo dopo passo” di Damiano sono stati inseriti nel Succorpo della Cattedrale, ma le mostre itineranti sono sei e si dividono tra Santa Teresa, la Chiesa del Carmine, l’Anche Cinema e il Palazzo delle Poste.
“Non potevo credere che stesse accadendo a me, una emozione troppo grande essere tra il centinaio di artisti selezionati – dice ancora entusiasta -. Poi sarò sincero, non ho studiato. Ho appena la licenza media e stare tra quei nomi altisonanti, di colleghi davvero preparati, che hanno avuto la possibilità di approfondire con percorsi scolastici la materia, mi ha fatto sentire già vittorioso”.
Le opere, in realtà, sono davvero belle e se da una parte troviamo una lunga camminata nella terra tinta di grigio tra padre e figlio, dall’altra c’è la sua “donna – terra”. Con un enorme fogliame che gli fuoriesce dal capo: non è forse questa la continua ospitalità tipica del gentil sesso? “Era esattamente questo il messaggio – dice mentre mi mostra sullo smartphone le foto -. Mi piaceva pensare che è esattamente di lì che parte ogni germoglio di vita: una vita autentica, come vera è la pianta all’interno della scultura ”.
Ti piacerebbe vincere? “Sognare è ciò che di gratis ci è ancora concesso di fare”.
Gli stringo la mano, vado via, nella speranza di veder spuntare un sorriso sincero su quel volto.
Se vi abbiamo incuriositi, solo un po’, la mostra resterà aperta fino al 31 gennaio secondo i seguenti orari: dal lun a gio 9:00 / 13:00 e 16:00 / 20:00; Sab e Dom 9:00 / 13:00.