Juliet ha quattordici anni, è morta e da circa
cinquecento anni cerca disperatamente il suo Romeo dall’aldilà vagando per
pianeti, continenti, nazioni e paesi.
È vestita di pallore, come la ballerina di Blade Runner (R. Scott), Viviana Strambelli sul palco del Teatro
“Traetta”, sola in scena con una
cassetta di plastica a rievocare il dramma dell’amore shakespeariano.
Le piacciono i pipistrelli, i film di fantascienza ed è
rimasta attratta da un tipo alto, magro con gli occhi blu da marziano vestito
da pavone. È Romeo le dicono.
Partono così, come un ritornello, i versi di
Shakespeare:
“Oh Romeo Romeo perché sei tu Romeo?
Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo
nome, o se non vuoi, giura che mi ami e non sarò più una Capuleti.
Solo il tuo nome mi è nemico: tu sei
tu.
Che vuol dire “Montecchi”? Non è una
mano, né un piede, né un braccio, né un viso, nulla di ciò che forma un corpo.
Prendi un altro nome.
Cos’è un nome? Quella cosa che
chiamiamo “rosa” anche con un altro nome avrebbe il suo profumo. Rinuncia al
tuo nome, Romeo, e per quel nome che non è parte di te, prendi me stessa”.
Quando ci si incontra non bisogna più lasciarsi: «dobbiamo cercare un segno per dopo – recita -. Quando
la festa è finita e tutti sono andati via e non resta nessuno» – e il
dubbio ha assalito anche gli spettatori -.
Perché le cose belle prima o poi finiscono «e io non smetterò mai di cercarlo. Mai».
Foto Annalisa Falcicchio