L’intervista che state per leggere è stata fatta il 26 gennaio 2018.
In precedenza ai mandati d’arresto effettuati a marzo scorso e successivamente qualche giorno fa. Abbiamo avuto la possibilità di incontrare il presunto boss Domenico Conte per un’intervista.
Si presentò con aria distinta, serena, come una persona nomale.
In una busta portava con sé il certificato del casellario giudiziario, la carta d’identità, il passaporto, la tessera elettorale.
Tutto in regola, un cittadino libero: “Questo è quello che sono, a fronte delle chiacchiere che riferiscono a voi“, apre la conversazione con apparente serenità.
Lei la mattina del 30 dicembre dov’era?
Ero a casa, a dormire, con la mia famiglia.
E cosa ha pensato quando si è diffusa la notizia della morte dell’anziana sarta?
“È da anni che qualsiasi cosa accada dicono sempre che la colpa è mia, divento capro espiatorio, divento io la persona da crocifiggere e incolpare. E così ci mostra il suo casellario giudiziario con i precedenti a suo carico. Reati, tutti pagati (sottolinea avvicinandoci le carte). Reati cominciati dai primi anni 90: Furti, rapine, ricettazione, porto d’armi e violazione della sorveglianza speciale… Quando stavano altri “capi” che poi sono morti o in carcere, c’era più rispetto. Dalla caduta di quelle persone si è creato lo schifo e si nota da ciò che succede in giro, sono tutti cani sciolti senza guida. O se hanno comandi, “r scettn a carn da macid” ciò che non farei mai io: dovessi compiere un reato, sarei più “contento” di farlo io, piuttosto che mandare un ragazzino. Non mi è mai capitato e mai capiterà di farlo“.
Domenico Conte, 48 anni. Mai si è trovato a compiere questi reati nel tempo?
“L’adolescenza… Sono tutti reati datati… Eravamo una famiglia numerosa, di sei figli e io sono il quinto, in mancanza di entrate sicure, un lavoro stabile…“.
Scelte che però sono dipese anche dalla sua volontà.
“Lo so, ma ho sbagliato e ho pagato. Il suo nome è sempre stato affiancato al clan… Per parlare di clan ci devono essere le sentenze. Persino Cassano, non abbiamo mai avuto niente a che fare. Sono anni che mi infangano, ma senza giustificazione delle carte. Se fosse così non dovrei avere nemmeno documenti, il passaporto“.
Ci è capitato di sentire, seguendo gli eventi di cronaca, che lei è stato coinvolto anche in diversi agguati dai quali è sempre uscito incolume.
“Soltanto il 30% erano più o meno veritieri. Una volta sono stato ferito alla mano a porta Robustina, il 2003 al fianco“.
Ma lei non poteva fare un’altra vita…
“No… Perché anche se vuoi lavorare onestamente, vuoi aprire un’attività, non te lo permettono. E non le persone, ma le Forze dell’Ordine trovano sempre un cavillo per “sfregiarti”. Come è accaduto due anni fa: hanno richiesto cinque anni di sorveglianza e alla fine me ne hanno dato solo uno, perché volevano togliermi i documenti, la patente che ho preso dopo 17 anni… Purtroppo devi stare al loro gioco. Loro sono lo Stato e io, per loro, sono l’antistato. Ma che combattano sulle cose giuste, non sulle ingiustizie. Mettono me in mezzo, così da tranquillizzare la cittadinanza“.
E a proposito delle cose accadute, lei se l’è fatta un’idea della situazione criminale?
“È solo delinquenza stupida per quello che capisco io, che ho vissuto per strada. Non c’è la mafia a Bitonto, sono tutte chiacchiere. C’è la microcriminalità, furti, rapine, ma come ci sono in tutti i paesi, tipo Andria, Cerignola. Come ci stanno pure quelli un po’ scemi che fanno succedere ciò che non deve accadere… Ma la mafia è un’altra cosa. È cambiata, negli anni, l’etica di chi compie reati? È dal 2013 che vediamo che si spara in mezzo alla strada… Anche prima è successo. Anche durante le mie carcerazioni sono successe parecchie cose brutte. A me della vecchietta dispiace assai, ma non è colpa mia. Continuano a dire “il clan Conte”, ma la sentenza dov’è? Ci sono stati dei procedimenti penali e sono stato assolto: su 34 persone, durante un blitz, 34 furono assolte, con formula piena perché il fatto non sussiste, non per mancanza di prove e c’era una richiesta di 27 anni sulla mia testa…ed era il dott. Civita, che è serio come giudice. Per le condanne Carofiglio, lo scrittore, quello fu“.
Torniamo a quello che dicevamo, ai ragazzi cani sciolti. Sarebbe meglio, quindi, se ora avessero una guida?
“Beh, già lo sta facendo lo Stato, h24. Dovevano prevenire questa situazione, non che prima hanno fatto succedere il casino…
Di tutte quelle tecnologie che hanno scoperto durante i sequestri, cosa ne pensa?
Chiunque le può avere, ce le hanno tutti. Non è un reato avere le telecamere. A me nel 2010 le hanno sequestrate e le ho avute indietro e sono stato assolto, uscì pure a Canale 5 e dissero che avevo il marmo sotto il soffitto a casa di via Pertini, ma secondo voi come si doveva mantenere il marmo sotto il soffitto (“ca uè ngheup”)? Era uno spatolato veneziano. Poi se sono vittima di determinate sparatorie, mi devo tutelare o no?