Chissà se è vero che siamo tutti Anna Rosa, come ostinato recitava un piccolo cartello. Perché avremmo voluto vedere tutta la città alla fiaccolata in ricordo del sacrificio assurdo della dolce sartina, barbaramente uccisa un anno fa sotto l’arco di via Le Marteri, ritrovatasi nel mezzo orrendo di un regolamento di conti fra clan a colpi di pistola, mentre, lei, tornava dalla sua messa quotidiana. Certo, c’erano gli splendidi nipoti, che in una lettera commovente hanno ricordato la meravigliosa zia, le istituzioni, tutte, il vicario dell’arcivescovo, i rappresentanti delle forze dell’ordine, cittadini che conobbero la signora, coloro che hanno voluto con tenacia questo corteo: ma gli altri dov’erano? Ci hanno aiutato a riflettere le parole profonde dei poeti, belle quelle di Angelo, che, col dialetto, la lingua della nostra anima, ha dato veste lirica e pensosa alla lezione etica della povera vittima innocente. Seduto stancamente fra insolita, lussureggiante vegetazione, un giovane scioperato, stupito dal passaggio di quelle persone con candele, chiede ad una donna di cosa si tratti: “Iei p la crstieun ca mors u ann paaseut”. No, signora cara, forse non ci siamo capiti, Anna Rosa è stata vittima innocente di mafia. Vittima innocente di mafia. Su via San Luca, mentre la gente sfila per risalire verso piazza Cattedrale, quella gioventù già abbondantemente mal vissuta, fa partire non si sa bene da quale finestra note partenopee ad alto volume per violentare il silenzio del raccoglimento. Non sarà un caso che proprio domani al Duomo giunti, il cielo prenderà a lampeggiare torvo e persino a piangere. Ecco, questa è Bitonto: una città frantumata, divisa, ferita. Prigioniera dell’ignoranza e dell’indifferenza – e fa davvero specie questo deserto del cuore -, oltre che di una malavita organizzata come solo pochi cercavano di stigmatizzare prima che venisse trucidata la cara Anna Rosa. Non dimentichiamo mai che solo dopo quella gelida mattina del 30 dicembre 2017 ci si accorse che il centro storico brulicava di piazze di spaccio e che i nostro delinquenti, da sempre ritenuti ladri di polli, avevano disseminato ovunque telecamere e sale operative da fare impallidire qualsiasi stazione di polizia. E, cadendo dal pero, scoprimmo che la droga unisce manigoldi matricolati e ragazzi di buona famiglia che per un’ora di sballo – e l’aria che si respira fra vicoli e corti del Borgo antico certe sere è tremenda – si riforniscono di quella merda e vanno ad incentivare un mercato, i cui protagonisti, per evidenti limiti culturali, non danno far altro che ricorrere alle armi per risolvere le loro questioni. Così, si uccide per quella merda. No, credo proprio che sia così: non siamo tutti Anna Rosa Tarantino. Perdonaci almeno tu, da lassù…