Dal 2003 il Giorno dei Morti o El Día del Los Muertos celebrato in Messico è stato dichiarato dall’Unesco “Capolavoro del Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità”. Si tratta di una festa avvolgente, satura, esplosiva, senza sbavature, carnale nella spiritualità ed irriverente nella solennità.
I messicani hanno sviluppato una capacità di sopravvivenza al dolore, di esorcizzare le paure e prepararsi al distacco, onorando la morte per cantare la vita.
È proprio all’insegna di questo che l’associazione messicana El Zottano e Gallery-Atelier Casa Messicana insieme al Comune di Bitonto hanno curato per il nono anno consecutivo “Il giorno dei morti per celebrare la Vita”, un’opera di installazione a cura di Yanira Delgado Altamirano e Armand Soppi.
Tra gli eventi che si protrarranno fino al 10 novembre, degno di nota è il reading poetico di Carla Abbaticchio, “Il canto della vita e della morte”, che si è tenuto domenica scorsa nella meravigliosa cornice del Torrione Angioino, accompagnato dalle performance musicali del gruppo messicano Flor de Jade.
Si tratta di sei donne di talento, Cynthia Cázarez (Voce, Chitarra, Sax, Flauto Quena, Percussioni), Norma Angelica Ortiz Guzman (Voce, Chitarra, Tastiera), Thalía Cardona (violino, cori, percussioni). Mona Padilla (Guitar, Jarana, Voice, Percussions), Lyna López Amayo (batteria, percussioni, ukulele, voce), Hannah Tristan Tamayo (Basso, Chitarra elettrica).
La band, nata dieci anni fa, fonde diversi generi musicali come Jazz, Blues, Cumbia, Reggae, Pirecua Michoacana, sonorità jarochos con stili e strumenti tradizionali di varie regioni del Messico e dell’America Latina.
«Il tema della morte è molto scomodo –ha affermato la poetessa Carla che ha dedicato il reading ai suoi ormai defunti genitori Rosa e Alfredo-, ma è inevitabile. Dovremmo esorcizzare le nostre paure e prepararci al distacco proprio come fanno i messicani».
Dovremmo guardare la morte e la vita come un romantico alternarsi di “Tramonti e Albe”, proprio come Carla le descrive in uno dei suoi componimenti poetici, all’insegna di una continua rinascita che avrà i colori dell’arcobaleno.
«La vita va vissuta ogni singolo giorno perché essa passa e il tempo non ritorna. Dobbiamo imparare a considerare il dolore senza ripugnanza», ha commentato Carla sulle righe di “Autopsia del dolore di un uomo. Vincent Van Gogh”, che descrive il suicidio del pittore avvenuto 120 anni fa.
La morte può essere, allora, libertà per chi come Piergiorgio Welby in vita era ingabbiato nella prigione del suo dolore e, dopo 40 lunghi anni in cui il suo destino era attaccato ad una spina, ha ripreso il suo volo per raggiungere l’imperitura e meritata felicità (“Lotta di un poeta con la vita, 20 dicembre 2006”).
I passi si faranno sempre più pesanti e i suoni potrebbero diventar lamenti e preghiere, il cielo farà da sfondo a scarlatte ed evanescenti fantasie, golose memorie e segreti riposti nella nostalgia del tempo.
Dove finiranno i sogni di carta, i baci rubati, i respiri corti per l’emozione, gli sguardi che valgono più di mille parole?
Rimarranno incastonati sulla pelle anche se diventerà poi sempre più fragile e nel cuore che metaforicamente farà tremar le braccia nel “Volo d’amore” che planerà in un nuovo abbraccio.
Sarà utopia, rincuorante speranza o il melenso sognare ad occhi aperti di una donna innamorata che attende sempre con la stessa emozione il suo amato mentre colora davanti ad uno specchio le proprie bellissime rughe. Oppure è solo la forza di chi, come Carla, non ha mai smesso di guardare ottimamente e con serenità la vita come il bellissimo infrangersi delle onde del mare.
E se, allora, ci sarà solo buio, basterà chiudere gli occhi e cercare “I colori della vita” che la mente saprà donare perché di essi si sarà nutrita insieme al cuore.