“Per noi, allora giovani cronisti, Pasquale è stato sempre il simbolo del sacro fuoco del giornalismo che arde dentro. Lo attendeva una brillante carriera forense, eppure ha scelto di fare il cronista. Un esempio per tutti“.
Con la consueta, efficace sintesi è il bitontino Valentino Losito, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, a delineare con fedele precisione la figura del concittadino Pasquale Tempesta, per dodici lustri colonna della Gazzetta del Mezzogiorno.
Mercoledì scorso, con un interessante – e, a tratti, velatamente nostalgico – convegno dal titolo“Giornalismo: ieri, oggi e domani”, presso il Circolo unione di Bari sono stati festeggiati i sessant’anni di tessera dell’ex redattore capo dei Servizi Esteri dello storico quotidiano che fu di Gorjux.
Dopo i saluti del padrone di casa, il dottor Giacomo Tomasicchio, è toccato al moderatoreVinicio Coppola introdurre la serata, ricordando i suoi primi passi in Rai tramati di memorie dannunziane e di urgenze nazional-popolari.
Tra simpatici aneddoti e catturanti ricordi, Tempesta ha invitato i presenti a salire sulla macchina del tempo per parlare del giornalismo, a partire dalla penna e dal calamaio fino al computer, passando per quell’autentico miracolo che fu la biro.
“Prima, il giornale era una grande famiglia. Ci lavorava davvero tanta gente. Pensate all’iter che doveva fare un articolo: lo si scriveva sul carrello della macchina per scrivere, poi il caposervizio leggeva il pezzo e, se dava l’ok, andava in tipografia,ove con i caratteri mobili lo si montava, diventava bozza da sottoporre ai correttori e solo dopo ritornava in stampa“, racconta Pasquale.
E ancora: “La prima vera giornata d’inverno“, l’incipit ormai divenuto famoso nell’ambiente del primo articolo (ovviamente sportivo, trattandosi di una cronaca di una partita della seconda squadra barese Liberty), gioco astuto di aggettivi e sostantivi che richiama la callida iuncturaoraziana.
E il titolo “Buongiorno Luna”, il dì in cui l’uomo mise piede sul malinconico satellite che vive di luce riflessa.
Infine, tutto il lessico proprio e curioso del giornalistese: ghiacciaia, grancassa, farfalla, cucire, pascolare…
A trascinare gli astanti con arguzie e provocazioni nel cuore della contemporaneità ci ha pensatoLino Patruno, che ha riconosciuto il suo debito di allievo nei confronti di Tempesta, di cui in seguito è stato direttore, ed ha spalancato la finestra sul drammatico mondo che ci circonda, sciorinando misteriose leggi tanto indiscutibili tanto turlupinatorie .
L’Italia come Paese popolato da ignoranti, giornali politicamente faziosi fra i più venduti, giornalisti schierati in attesa di prebende e poltrone, il talk show in tv come emblema del declino epocale.
Insomma, una tragedia senza fine.
E il domani quale sarà?
La neoprofessionista Rossella Petragallo, al riguardo, ha indicato la via dei social network – sempre da prendere con le pinze in veste di fonti di notizie -, il citizen e l’open data journalism, come a dire: siamo tutti giornalisti. Ergo, non lo è più nessuno.
E, allora, a salvare tutti (come si faceva un tempo, per strada, giocando a nascondino; oggi col senso di responsabilità, forse) il recupero della lezione immortale di Indro Montanelli: non può esistere giornalismo senza onestà intellettuale.
Meno male. Per un attimo avevamo creduto vani tutti i nostri sogni.
In chiusura di convegno, Losito da parte dell’Ordine ha consegnato all’ex vicepresidente Tempesta una serigrafia del maestro Francesco Speranza e Michele Peragine dell’Assostampa, a nome del presidente nazionale Raffaele Lorusso, ha donato una sorta di premio fedeltà al festeggiato.