La lingua di asfalto taglia il cuore della Lama Marcinase e separa la zona Asi (Area per lo Sviluppo Industriale) da quella Pip (Piano degli Insediamenti Produttivi) del comune di Molfetta.
Dieci giorni fa, una bomba d’acqua improvvisamente ha riempito quel greto naturale ed ha ricoperto terreni e ulivi fino a superare il livello della strada e dirigersi minaccioso verso l’entrata posteriore di una floridissima azienda storica, l’Idromeccanica della famiglia Marrone.
“Avemmo la concessione nel 1998, fummo tra le prime a riceverla, l’anno seguente eravamo già operativi. La condizione di rischio idrogeologico è emersa soltanto nel 2007“, racconta Francesco, il figlio più giovane del titolare, con occhi ancora atterriti, ma con grinta infinita nella voce.
E’ stato proprio lui ad arrivare sul posto quel giorno di furia e tempesta del cielo.
Ha visto avanzare pericoloso quell’anomalo tsunami fino ad abbattere il muro di recinzione e sommergere i due grandi capannoni. In un attimo, mille sacrifici polverizzati.
“Poi, siamo stati noi a far da bacino per l’acqua e ad evitare che andasse ad intaccare le aziende vicine“, sottolinea con una punta di realistico orgoglio.
“I Vigili del fuoco prima non potevano intervenire perché l’acqua era scarsa, poi perché troppa. C’è voluto l’intervento del presidente della Regione, Michele Emiliano, per far sì che intervenissero le idrovore di pompieri, Aqp e Protezione civile“, ricorda.
Bel tipo davvero, il governatore pugliese. In questi giorni, ogni poco contattava gli imprenditori vittime della catastrofe naturale e. addirittura, compariva a sorpresa per constatare come si evolveva la situazione. “E’ bello sentire la vicinanza della politica che conta, in questi casi consola“, dice Francesco con gratitudine.
Poi, comincia il giro in questo che sembra insieme un cimitero di sogni ed una potenziale culla di nuove speranze.
Che non sarà facile rendere concrete.
Sotto le ampie navate delle strutture, continuano a combattere contro il fango gli operai (40, quasi tutti di Bitonto), industriosi più che mai. Qualcuno si ferma un attimo, deterge col dorso della mano il sudore dalla fronte e riprende a spalare: “Sono splendidi, encomiabili, unici. Guardali. Sin dal primo momento si stanno adoperando per riportare la normalità in questi ambienti e sono loro che ci stanno danno forza e coraggio per andare avanti. Sono esemplari“, quasi si commuove Marrone.
Cassettiere stracolme di progetti ormai da buttare.
Pezzi lavorati e semilavorati da tre quattromila euro l’uno aggrediti dalla ruggine.
Sulle pareti la fiumana ha segnato la sua altezza distruttrice con un’ombra nefasta.
Macchinari da 200-300 mila euro con schede elettroniche completamente fuori uso.
L’impianto fotovoltaico, realizzato da poco, non serve più a nulla.
La mota raggrumata sulle macchine. Stanze, spogliatoi e mensa devastati.
Se non fosse stato un sabato, sarebbe stata una vera tragedia.
Ma in totale, a quanto ammontano i danni? “Abbiamo stimato una perdita ad occhio e croce di circa 4 milioni di euro. Sappiamo pure che l’assicurazione non ci ridarà mai quanto avevamo investito nei decenni per rilanciare quest’azienda che esporta il 90% del prodotto all’estero, senza esclusione di continenti e nazioni“, chiarisce Francesco.
“Il Commissario prefettizio di Molfetta, il dottor Mauro Passerotti, ci ha messo a disposizione un tavolo tecnico. Essendo scaduti i termini per realizzare il progetto di deviazione a monte della Lama, ci è stata promessa la costruzione a breve di un muro di protezione. Speriamo bene“.
Probabilmente, la formula della “calamità naturale” permetterà di accedere al Fondo di Emergenza nazionale.
“Abbiamo avuto la solidarietà di amici che sono anche concorrenti leali a livello commerciale. Subito ci sono venuti in aiuto la Italdem della famiglia Giordano, la Omp di Molfetta e la Rmt d’Ambra. Un bel segnale che ci fa sentire meno soli, in questo momento molto delicato“.
Eppure, non mancano gli sciacalli: “Eh sì, purtroppo, una ditta, già il giorno seguente ci ha fatto recapitare una lettera dal proprio avvocato. Assurdo“, si rammarica Marrone.
E, intanto, il piccolo miracolo continua.
Il proprietario fatica più dell’ultimo dei suoi operai, l’ultimo dei lavoratori s’impegna più del suo datore. Solo così, da questo sepolcro fangoso potrà rinascere una grande azienda come l’Idromeccanica. Perché quel torrente impetuoso ha investito tutto, ma non la sua (grande) anima…