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Home » Da Bitonto incontra Marc Augé. Dai luoghi e non luoghi al progetto di città del XXI secolo

Da Bitonto incontra Marc Augé. Dai luoghi e non luoghi al progetto di città del XXI secolo

Nella video intervista rilasciata in esclusiva al nostro giornale, di cui al link sottostante, abbiamo indagato le relazioni tra morfologia urbana, edilizia ed infrastrutture

La Redazione by La Redazione
3 Luglio 2015
in Cronaca
Da Bitonto incontra Marc Augé. Dai luoghi e non luoghi al progetto di città del XXI secolo
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a cura di architetto Donatella Chieco

Il
dato di fatto principale che si impone oggi è il cambiamento di scala della
vita umana, intervenuto con la globalizzazione dell’economia e del mercato e
che contiene in sé il germe della crisi odierna.  Il passaggio alla scala planetaria, ampliato
dallo sviluppo delle tecniche di comunicazione, reca con sé due conseguenze: da un lato la comparsa di spazi in cui le
relazioni sociali tra gli individui non si possono leggere in modo immediato
(come gli spazi di consumo e di transito) e pertanto definiti da Marc Augé (Biografia) come
“non luoghi”, che sono il contrario dei “luoghi”, dove è possibile riconoscere
i costituenti stabili dell’organizzazione sociale tra individui; e dall’altro
il generalizzarsi di un contesto globale, definito da questi spazi di consumo,
circolazione e comunicazione. 

Uno
degli aspetti della crisi è dovuto alla tensione tra la necessità di avere dei
luoghi, dove l’identità individuale degli uomini si costruisce nel contatto con
gli altri (Marc Augé, Dialoghi sull’Uomo, Pistoia, 2015), e l’evidenza che c’è
una nuova contestualizzazione a livello planetario, definita dagli spazi di
consumo, circolazione e comunicazione. 

Su
questo insiste Marc Augé durante la sua lectio in occasione della sesta
edizione dei Dialoghi sull’Uomo, dal tema “Le case dell’uomo. Abitare il
mondo
”, (La manifestazione) alludendo alle contraddizioni legate allo sviluppo degli spazi di
consumo e comunicazione dovuti ai social network, perché sono basate su
relazioni sociali ubique ed istantanee che nella loro illusione rinviano alla
solitudine degli individui che, invece come animali simbolici, necessitano di
tempo e spazio per relazionarsi agli altri esseri umani e quindi di luoghi
fisici. 

Il
contesto planetario è oggi ovunque e muta la natura stessa dei luoghi. Le città
infatti, ampliandosi, diventano delle città mondo e si esprimono attraverso
delle immagini di natura planetaria, a volte anche ideali, che paradossalmente
propongono addirittura un’ideologia della città.

Una
nuova sfida si prospetta per gli architetti, legata sia alla necessità di far
luogo, perché l’uomo vive di relazioni sociali iscritte in uno spazio e tempo
specifici, sia alla nuova contestualizzazione planetaria di cui parla Augé. Gli
architetti si sono sempre occupati del contesto che oggi assume una dimensione
nuova. Come creare un edificio, un’infrastruttura, insomma una nuova superficie
per la città che al tempo stesso siano aperti verso il contesto planetario? 

La
bellezza di una città si misura attraverso le sue superfici, edifici, parchi,
giardini, corsi d’acqua (Marco Romano, La città come opera d’arte, 2008),
invece la sua responsabilità sociale si attesta nell’evitare fattori di rischio
generatori di disgregazione sociale e di crisi urbana (Biennale di Venezia.Città, Architettura e Società, 2008)(La rassegna). Il miglior modo per ovviare a tali
fattori di rischio è il triangolo edificio-spazio urbano-accessibilità che è
anche il miglior modo per assicurare che la città sia socialmente più
compromessa e morfologicamente più leggibile (Biennale di Venezia. Città, Architettura e Società, 2008). Così Herzog e De Meuron (I progetti) concepiscono i loro
edifici a Barcellona e Pechino come possibili punti di innesco per vitalizzare
le città. Analogamente Ariola & Fiol (Le opere) nel progetto per La Défense di Parigi (Il progetto) riqualificano l’infrastruttura ed edilizia esistenti per vitalizzare un
quartiere simbolico della città. 

Nel
passaggio dai luoghi di ieri ai luoghi di oggi (Marc Augé, Dialoghi sull’uomo,
Pistoia 2015), con le tutte le contraddizioni del caso che si manifesteranno a
livello politico, economico e culturale, il progetto d’architettura è chiamato
ad essere protagonista nella scrittura delle trasformazioni che investono il mondo. 

A fronte
della città che appare dagli studi di antropologia dei mondi contemporanei,
l’etica della trasparenza (Derrick de Kerckhove), esito della rivoluzione
tecnologica digitale, che avrà come elementi basici la condivisione,
l’accettazione reciproca, il transculturalismo, la cura dell’ambiente; come
anche l’etica della condivisione dei beni comuni a partire dall’esercizio di un
rapporto diretto con i diritti fondamentali, dall’esercizio del diritto della
conoscenza, come diritto all’istruzione e alla libera costruzione della
personalità e dal riconoscimento del diritto alla salute (Stefano Rodotà); ed
ancora l’etica dell’uguaglianza sociale (Lilian Thuram, ambasciatore UNICEF)
scriveranno i caratteri della città contemporanea. 

Se la storia comincia oggi
all’indomani della fine della preistoria dell’umanità (Marc Augé, Dialoghi
sull’uomo, Pistoia 2015) e l’architettura, come linguaggio critico, è mezzo per
conoscere o agevolare la conoscenza di tale realtà, il progetto d’architettura
può esprimere il suo valore differenziale, confermandosi come capace di
riannodare il filo di continuità dialettica tra architettura e città, ma meglio
tra architettura e scala planetaria ed anche interplanetaria.

 Ecco la video intervista esclusiva

 

Tags: architetturaArchitettura e SocietàAriola & FiolBiennale di Venezia. CittàDerrick de Kerckhovedisegno urbanoDonatella ChiecoEcole des Hautes Etudes en Sciences SocialesHerzog e De MeuronLilian ThuramluoghMarc AugéStefano Rodotà
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