“Cerin nella bufera, sequestrati
beni per oltre 5 milioni. Domiciliari per gli amministratori”.
Titolava così il nostro giornale telematico la mattina del 4
febbraio, quando la tenenza della Guardia di Finanza eseguì l’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti
domiciliari emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari nei confronti di Mario e Giuseppe Colapinto.
Da allora la bufera non si è mai placata. Oltre alle novità
giudiziarie (l’interesse della Corte dei Conti, la scarcerazione di uno dei due
accusati), a susseguirsi nei mesi sono stati i commenti che politici e politicanti hanno riversato sulle varie
bacheche facebook o su note stampa.
Le parole, battute sulle tastiere, però, sono quasi
scomparse ieri, quando i nostri consiglieri comunali avrebbero potuto esprimersi durante la seduta monotematica sul caso Cerin
srl.
A vincere è stata la prudenza,
la voglia di non commentare un’indagine ancora in corso.
Qual era dunque il senso di questa convocazione? «I cittadini meritano di essere informati
sul caso Cerin dai loro rappresentanti in Consiglio e non dalla stampa» è il parere del sindaco Michele
Abbaticchio che parte con un excursus. «Dal 1°
gennaio 2014 l’amministrazione ha preferito l’internalizzazione dei servizi di
riscossione tributi. Successivamente gli uffici hanno fatto notare che mancavano
alcuni dati che certificassero quanto fatto dal soggetto gestore. Il Comune con
delibera di Giunta del 29 luglio 2014 propose procedura cautelare contro la
Cerin S.r.l. per ottenere gli archivi cartacei e informatici ma il Giudice civile
rigettò la richiesta. Respinto anche il reclamo per l’ordinanza del Tribunale,
proposto dalla Giunta il 19 novembre 2014».
Dopo l’indagine ai vertici della Cerin, accusati nel marzo del 2015 di non aver
versato i tributi dei bitontini nella casse comunali, il Comune decise di «costituirsi parte offesa da reato e
nominare legale esterno l’avvocato Giovanni Capaldi».
Il silenzio generale dopo l’intervento del sindaco è rotto
solo da Franco Natilla (PD). Soffermandosi
sul piano politico, il piddino sottolinea come la «”pseudo internalizzazione” costi alle tasche dei cittadini, in virtù
di avviso pubblico dell’amministrazione, 1 milione e 700 mila euro per 5 anni.
È già costato 300 mila euro da quando fu bandita questa gara».
Se Giovanni Ciccarone (Progetto Comune) pone l’accento sull’impegno dell’amministrazione per far luce
sulla vicenda, Francesco Toscano (UDC) attacca duramente. «Senza dubbio la
Cerin ha sottratto soldi alla comunità. A suo tempo forse è stata abbassata la
guardia e non ci si è resi conto che un privato lucrava sui cittadini, facendo
transitare i soldi dei contribuenti su conti personali».
Le parole di Toscano non piacciono però a Francesco Ricci (PD) che invita tutti
alla prudenza: «Non siamo ancora in un
processo. Le indagini sono ancora in corso. Ci auguriamo che la verità emerga e in quel
caso potremo trarre le conclusioni».
«Qual è il senso di
questa seduta?» chiede allora Toscano.
Secondo Domenico
Damascelli (FI) «il Consiglio potrebbe
stilare e approvare all’unanimità un documento politico con cui esprimiamo un
pensiero politico-amministrativo, diamo indirizzo al governo cittadino, agli
uffici e un segnale alla città».
La sua idea però non convince nessuno e cade nel vuoto. Segue la richiesta di Matteo Masciale (Progetto Comune) di far luce sulle motivazioni delle sentenze dei
giudici.
Anche il suo appello cade nel vuoto e così dopo un’ora la
seduta si scioglie con nessuna novità comunicata (rispetto a quelle già fornite
dalla stampa), parole neanche tante e una prudenza (forse) ritrovata.