L’immagine più bella
è quella di una signora che spiega alla sua pargoletta cosa sia la mafia.
«E’
una cosa brutta brutta che ha ucciso Giovanni Falcone».
«E chi era Falcone?», domanda
la bambina.
«Una persona buona uccisa insieme all’amico Paolo Borsellino».
Già, mettiamola
così. Cosa Nostra si è fatta conoscere per le stragi di Capaci e di via
D’Amelio, ma anche per aver fatto fuori il generale dei carabinieri Carlo
Alberto dalla Chiesa.
Ma esisteva prima, tra estorsioni, macellazione
clandestina, ricettazione e droga, e dà segnali ancora oggi, con lo
sfruttamento dei lavoratori e dei migranti.
Ed è proprio a questi ultimi, ai “nuovi
schiavi”, che la Carovana antimafia, sbarcata ieri a Bitonto, dedica la sua 20°
edizione in un 1° maggio davvero diverso dagli altri.
Arrivato in piazza
Caduti del terrorismo, il corteo ha sfilato per le vie del centro storico, con
meta finale piazza Cavour.
In realtà, pochi ne hanno preso parte.
C’erano i
ragazzi dell’Arci Train de vie e quelli del centro di aggregazione giovanile
con i loro striscioni, le forze dell’ordine (con Protezione civile e Croce
rossa garibaldina), alcuni rappresentanti delle istituzioni. Nulla di più. A
guardare, invece, tanti curiosi e qualche solito solone di turno.
Nel salotto
bitontino, a dire la verità, la gente che si avvicina aumenta un po’ di più.
Ci
sono le fotografie e i dipinti di nuovi schiavi e lavoratori costretti dalla
criminalità a perdere la propria dignità.
C’è anche il primo
cittadino Michele Abbaticchio, appena arrivato da Molfetta per l’altra sentita
manifestazione della mattinata. «Abbiamo appoggiato l’iniziativa dei
sindacati per questa ricorrenza, perché hanno pensato bene di dedicare questo
1° maggio alla legalità sul lavoro, non solo di quello che non c’è ma anche di
quello sommerso e a nero. Il Comune può combattere questa piaga dando il buon
esempio, cercando di rappresentare lo Stato che decide le politiche della
sicurezza nel modo più dignitoso possibile, facendo educazione civica e tenendo
unita la comunità».
Il consigliere comunale Christian Farella,
invece, affida a Facebook il suo pensiero per la giornata, dedicata a Vincenzo
e Nicola Rizzi, le ultime due vittime bitontine sul lavoro.
«Bisogna cambiare le politiche industriali e investire
continuamente sulla qualità della vita e sul benessere sociale. Il 1 maggio deve
rappresentare la pretesa del futuro di questi diritti che non possono essere
messi in discussione da tagli lineari e diseconomie sociali che aggrediscono
milioni di cittadini europei. Ancor più nel giorno della festa dei lavoratori
sarà fondamentale difendere la bellezza dei nostri diritti e del loro futuro».
Già,
ma il 1° maggio è ancora la festa del lavoro?
«E’ importante come data – afferma
Pino Gesmundo, segretario generale Cgil Bari – nonostante i numeri che
abbiamo siano drammatici, che parlano di disoccupazione elevatissima,
giovanile, e drammatica nel Mezzogiorno. Ed è chiaro che se c’è poco lavoro, lo
si fa anche sapendo di non esercitarlo nelle migliori condizioni di sicurezza
possibili, è questa è una vergogna che non possiamo permetterci». «Per
incentivare l’occupazione – spiega ancora il sindacalista – è necessario
investire sulle capacità del proprio territorio, quindi borghi, turismo,
sistema agroalimentare, e farlo sfruttando al meglio i finanziamenti europei,
perché non è vero che le risorse non ci sono».