La comunicazione ufficiale è arrivata da Staffan
Normark, segretario della Royal Swedish Academy of Sciences: il
premio Nobel per la fisica del 2013 è stato assegnato al fisico
britannico Peter Ware Higgs e al fisico belga François Englert,“per la scoperta teorica di un meccanismo che contribuisce alla nostra
comprensione dell’origine della massa delle particelle subatomiche, e che di
recente è stato confermato, attraverso la scoperta della particella fondamentale,
dagli esperimenti ATLAS e CMS al CERN del Large Hadron Collider”.
Anche quando si parla di scienza, meglio lasciar
parlare le parole.
Parole chiare.
Ed ecco che scopriamo che una bitontina, una giovane
ricercatrice, Lucia Perrini, ha un suo ruolo, determinante come
determinante è l’aiuto di tutti in ogni impresa di ricerca, nelle scoperte e
nel continuo e profondo lavoro di studio in merito alla ormai nota in tutto il
mondo “particella fondamentale”.
Il tutto parte dal lontano 1964, quando Higgsed Englert (insieme al suo collaboratore e fisico belga Robert Brout,
scomparso nel 2011), lavorando in modo indipendente, hanno designato e proposto
una teoria che permetteva di spiegare il meccanismo secondo il quale tutte le
particelle elementari esistenti in natura (tranne il fotone, ovvero il quanto
di luce) acquistano massa.
Il cosiddetto “bosone di Higgs” è
questa particella.
Ecco dunque il tassello mancante nel puzzle del “Modello
Standard” della fisica delle particelle, ovvero il modello teorico che
descrive la fisica che governa l’universo in termini di interazioni tra
particelle e forze fondamentali.
La ricerca del bosone è stata il motore principale
della costruzione del più grande acceleratore di particelle di tutti i tempi:
il Large Hadron Collider al CERN di Ginevra.
LHC è,
appunto, l’acronimo di Large Hadron Collider, che in italiano significa “Grande
acceleratore di adroni” (in questo caso protoni che, viaggiando alla
velocità della luce, producono fiotti di particelle).
Sebbene i quattro grandi esperimenti posizionati sul
perimetro di LHC siano quattro (ATLAS, CMS, LHCb e ALICE), solo due sono gli
esperimenti espressamente dedicati alla ricerca del bosone di Higgs: ATLAS e
CMS.
Entrambe queste collaborazioni contano, ciascuna, più
di 2000 fisici provenienti da tutto il mondo (quindi 4000 contando entrambe le
collaborazioni). CMS annovera circa 900 studenti all’interno della sua
collaborazione.
Si tratta di giovani, giovanissimi, dottorandi e
post-dottorandi impegnati forsennatamente nel cosiddetto “lavoro
sporco” del fisico sperimentale, ci dice la Perrini, “quel lavoro che richiede notti insonni, ritmi forsennati dovuti alle scadenze incombenti, analisi da implementare, dati da ‘ripulire’, analizzare e capire”.
Lucia è tra questi 900 studenti. Fa parte della
collaborazione di CMS dal 2011, quando ha iniziato la sua affascinante
avventura all’interno di questo esperimento. Ma già nel giugno del 2010 è
iniziata la sua esperienza con il CERN, quando è stata selezionata tra migliaia
di studenti in tutta Europa come profilo idoneo per la Summer School al CERN
2010. Da lì la laurea in Fisica con una tesi proprio sul tema della ricerca
del bosone di Higgs secondo l’esperimento CMS.
Oggi è a Bruxelles: dottorato di ricerca di 4 anni in
fisica delle particelle elementari presso l’Universite’ Catholique de
Louvain-la-Neuve, dove svolge un lavoro di ricerca completamente volto alla
scoperta del bosone di Higgs in un particolare canale di produzione e
decadimento.
Si dirà: ma se l’Higgs è stato scoperto, che senso ha
continuare a cercarlo?
Ebbene, la particella scoperta, informa la nostra
giovane concittadina e ricercatrice, non è “il” bosone di Higgs, ma
“un” bosone di Higgs, nel senso che, fino ad ora, è stato scoperto in
solo alcuni dei canali di decadimento possibili (“l’Higgs è una
particella dalla vita media molto breve e quindi può essere solo ricostruita
dai suoi prodotti di decadimento”).
E’ stato scoperto nei cosiddetti canali
“bosonici”, ovvero quei canali di decadimento in cui il bosone di
Higgs decade in più e vari bosoni. “Per essere sicuri che sia proprio
quel bosone di Higgs teorizzato, abbiamo bisogno di scoprire il bosone di Higgs
in altri canali, nel cosiddetti canali ‘fermionici’. Qualora si
confermasse la presenza di un bosone di Higgs anche in questi canali, noi
saremmo sicuri allora, che quel bosone di Higgs è proprio il celebrato bosone
di Higgs, in quanto avremo avuto la certezza delle sue proprietà”,
delucida sin nei dettagli la Perrini.
E l’analisi che lei porta vanti riguarda proprio
questi canali fermionici.
Un’analisi lunga e meticolosa. Paziente. Come Lucia,
come la ricerca stessa, in fondo.