Oh Freedom!, e di come la nostra esperienza del mondo si costituisca e si svolga in una continua oscillazione tra libertà e schiavitù.
Il 20 dicembre è andato in scena presso il Benjamin Franklin Institute il musical Oh Freedom, uno spettacolo che ha giocato sui sottili confini tra le schiavitù della storia e quelle mentali che noi stessi costruiamo.
Il musical ha preso spunto dall’omonimo libro dello scrittore giornalista Francesco D’Adamo, che narra una storia forte e vera, la storia di Harriet Tubman, conosciuta come la Mosè dei Neri, che portò alla salvezza migliaia di schiavi tracciando la Underground Road, un percorso segreto e ostinato che attraversa l’America oltre la frontiera della schiavitù per arrivare dove le catene della schiavitù potessero essere rotte.
I ragazzi, coordinati dai docenti del Benjamin Franklin, hanno interpretato diversi tipi di oppressione dall’etichetta dell’ebraismo al giogo della tecnologia, dall’illusione della bellezza al pericolo del bullismo, dalla prigionia dei bambini resi soldati alla condizione delle spose bambine, alla privazione degli indiani d’America. Il carattere intimo e non drammatico di questa grammatica visiva alla portata di tutti è stato uno spunto per far riflettere, un invito a muoversi nella vastità della e delle ‘schiavitù mentali’ a cui siamo sottoposti e da cui aspettiamo di essere liberati. Il musical è stata una sovrapposizione simbolica di momenti storici e intellettivi: l’intento è quello di ricordarci di dover scegliere sempre da che parte stare. Per darci la forza di essere continuamente, con “entusiasmo, sacrificio ed impegno” come ricorda Silvia De Robertis, la presidente del Consiglio d’Istituto, delle guide per i nostri ragazzi, perché possano trovare la strada segnata dal “mestolino”, la stella più luminosa, perché non perdano mai la direzione, perché non abbandonino mai la forza di scegliere e perché sappiano di avere sempre una guida accanto a loro.
C’è una parola africana Uhuru che significa libero. Precisamente libero è inteso come vuoto, quindi semanticamente potrebbe alludere allo spazio della scelta, del bisogno, dell’urgenza di poter riempire un vuoto di idee.
Dunque, libertà come orientamento, come un presente indicativo in un mondo che guarda troppo al futuro, al dover essere, al dover fare, dover diventare.
A partire dal libro Oh Freedom di Francesco D’Adamo, a partire dalla storia di Harriet, la ragazza piccola ma forteche rese liberi tanti schiavi, il musical si presenta come uno spazio affettivo, emozionale, tattile di un ‘popolo’ di ragazzi che hanno bisogno di una mappa terapeutica, un vuoto in cui orientarsi, cuori che hanno bisogno di seguire un percorso già tracciato, il mestolino che segna la direzione. Per non perdersi.
Troppe volte nella storia abbiamo disegnato confini, depredato terre, creato categorie, segregato popoli, dirottato pensieri, manipolato comportamenti, offuscato le ragioni. Ma chi può dire alle radici dove andare? al vento dove soffiare? Ai pesci che direzione prendere? Nessuno.
Perché per essere liberi bisogna “imparare tante cose. Ad orientarsi. Ad annusare il vento e la pioggia. A travestirsi. A diventare lupo e serpente. Ma soprattutto a leggere, a scrivere, a non lasciare indietro nessuno”..