Lama Balice aveva lasciato il segno con un proposito: Il desiderio di ritornare per continuare la visita e arrivare fino al mare. “Il giardino sotto casa” come definito da Vito Giuliano stava trasformando i cicloamatori in due accaniti escursionisti.
La prima visita è stata quella alla Chiesa dell’Annunziata. Risalito il costone roccioso l’antica chiesa era lì solitaria ad attenderci in un ampio spazio, che meriterebbe di essere alberato. Per una sua descrizione autorevole, ci affidiamo allo storico Vito Ricci :
La chiesa dell’Annunziata, risalente al periodo romanico, viene citata nel 1488 nel Libro Rosso dell’Università di Bitonto. Essa fu rifatta completamente nell’alzato intorno al 1585, anno in cui furono realizzate le monumentali edicole confinarie, i Titoli, tra Bari e Bitonto. Un ulteriore rifacimento risale al 1805 per munificenza di Michelangelo Maffei, cavaliere dell’Ordine Gerosolomitano di Malta. Una lapide ricorda: AEDEM HAC VIRGINI DICATUM JOSEPH MAFFEUS EQ. HIEROSOL APPOSITO JURIS PATRONATO SIGNO FAMILIAE SUAE RESTUITUIT A. D. MDCCCV.
… Dell’aspetto originario rimangono il navicete, coperto da una volta a botte e la solida struttura di tufo carparo a conci squadrati nelle parti superiori. L’edificio è preceduto da un corpo quadrangolare a fornici cinquecentesco, edicola votiva e tipico rifugio per contadini. Sul portale architravato, si trova una monofora strombata sormontata da due mensole (resti di una caditoia) e campani letto a vela settecentesco … All’interno, di una certa importanza demologica è il ciclo del Giudizio Universale. In esso possiamo osservare il Seno di Abramo, la Resurrezione dei Morti, la Pesa delle Anime e il Giudizio Finale …
Subito dopo, ridiscesi nella lama, è ripreso il percorso in un paesaggio che si snoda attraverso pareti sempre meno scoscese, con terrazzamenti sui quali trovano stabile dimora ulivi inselvatichiti, pini sempreverdi e fichi d’india, mentre il fondovalle ospita siepi di carrubi, cespugli di rovi, insieme a fitti canneti e uliveti. Ostacolo insormontabile, una grande cava che interrompe il passaggio in lama costringendo a risalire il costone roccioso per sorpassarla. Nel percorso, dopo una sosta alla fermata Europa della F.T. per proseguire la visita insieme a Loredana D’Ambra e Francesca Albacello, due escursioniste di Bari, è in programma la visita a due antichi e storici siti: Masseria Triggiano e Masseria Caggiano. Delusione atroce: Le due antiche tenute, che dovrebbero essere il fiore all’occhiello del nostro territorio, vengono lasciate perire di lenta agonia. Tutta colpa di animi insensibili di proprietari, amministratori e comunità cittadina. Eppure, tutto si può salvare, perché Masseria Triggiano e Masseria Caggiano sono lì a reclamare il loro posto nella storia. Fanno parte di un lungo elenco di antiche ville e masserie fortificate sorte fra Cinquecento e Settecento. Alcune hanno avuto la fortuna di essere acquistate e trasformate in sale di ricevimento e mostrano orgogliose le loro origini. Altre, fra le quali le sopra citate, sono diventate oggetto di vandalismi, furti di materiale lapideo, chianche, torrini, marmi e stemmi di famiglia e sono diventate covo di tossicodipendenti.
Masseria Triggiano si erge su due livelli, su una grotta scavata nella roccia, una volta adibita a cantina. Nonostante le pessime condizioni, si erge ancora fiera per la sua volumetria che le conferisce l’aspetto di torre fortificata. Al primo piano si accede salendo alcuni gradoni, il secondo piano è raggiungibile attraverso una caratteristica scalinata esterna e l’attraversamento di un ponticello sorto su un arco a tutto sesto che permette al visitatore di spaziare sul panorama circostante. La torre masseria è raggiungibile dopo aver percorso un vialone che conduce al portale d’ingresso e a uno spazioso cortile, ai lati del quale ci sono locali una volta adibiti a stalle o deposito. Tutto è pieno di vegetazione selvatica, di rovi, di ulivi novelli selvatici e di altissimi fichi.
Masseria Caggiano, di fronte alla prima, ma molto più grande in volumetria e importanza, è un gioiello di Lama Balice e del territorio di Bari. E’ considerata la regina delle case rurali della zona, essendo fra l’altro la più grande di quante si affacciano sulla stessa Lama. E’ un esempio di masseria fortificata sorta su un primitivo nucleo risalente al secolo XV. E’ presente un grande frantoio semi ipogeo in cui sono visibili ancora il vascone per la molitura con le grosse pietre di macina insieme a un grande torchio ligneo riverso per terra. Una cappella del XVII secolo dedicata a san Girolamo è in condizioni disastrose, come la lunghissima palma presente nel cortile è secca e senza più chioma.
Sul fronte a un piano presente sul lato destro del caseggiato, ci sono le testimonianze più recenti di questo immobile: le targhe e i marmi del XX secolo. Nel 1936 a cura del suo proprietario, nella tenuta si sperimentavano ulivi di diverse varietà e piante da frutto per una agricoltura di innovazione. Questa linea era stata poi continuata dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Bari, come da epigrafi ancora presenti sul muro. Dopo questo periodo, il decadimento, nonostante la protezione accordata dal MIBAC (Notizie attinte da pubblicaz. Reg. Puglia a cura di Enzo Varricchio anno 2000).
Lasciando la storica masseria in direzione mare, il cammino è proseguito fra orti e giovani uliveti. Alcuni orti hanno quasi interamente occupato il fondovalle, lasciando solamente uno stretto spazio per lo scorrere delle acque torrentizie. Infine, in lontananza, l’azzurro del mare insieme alle indicazioni del percorso di don Tonino Bello. Eravamo ormai alla meta: l’incontro della Lama Balice con il mare Adriatico nel rione Fesca di Bari.
Lama Balice, eliminando alcune criticità incontrate, potrebbe davvero diventare un percorso per cicloamatori e per passeggiate a mobilità lenta, un percorso per ranners, un polmone in cui rigenerarsi.
Vito Tricarico- Vito Giuliano