Un contatore che non accenna a
fermarsi. Il numero di femminicidi e violenze contro le donne aumenta
di anno in anno. Dietro i casi balzati agli “onori” della
cronaca, però, si nascondono altri episodi di violenza perpetrati ai
danni del gentil sesso non denunciati per paura.
La sezione di Bari dell’AIGA
(Associazione Italiana Giovani Avvocati), con il patrocinio
dell’Ordine degli Avvocati Bari e la Fondazione Scuola
Forense Barese, ha organizzato martedì scorso al Teatro Traetta
l’incontro “La metà violata. La violenza sulle donne: una
riflessione in scena”.
Un tema importante, come ricordato
dall’avvocato Francesco Ricci, padrone di casa, che non ha
lasciato indifferente l’amministrazione comunale bitontina,
rappresentata dalla vicesindaco Rosa Calò.
«Si
tratta di un problema grave che esiste e persiste, dovuto ad un
distorto concetto di preminenza di genere e ad un problema culturale»ha spiegato l’avvocato Lorenzo Minunno che insieme al collega
avv. Gaetano Di Muro ha portato alla platea i saluti del
Consiglio dell’Ordine di Bari, prima di lasciare spazio al dibattito.
Moderato dal giornalista Enzo
Quarto, l’incontro ha sviscerato il problema “violenza sulle
donne” esaminandolo da più prospettive, grazie ai pareri di vari
esperti: giudice, psicologa, avvocato penalista e civilista.
«Un
grande passo avanti si è avuto nel 2001»ha affermato il dott. Salvatore Casciaro, giudice del
Tribunale di Bari.«Con
la legge 154 si ha un immediato accesso tramite procedimento
informale al giudice civile e si può ottenere subito
l’allontanamento del soggetto violento dal giudice familiare e il
sostegno economico per consentire al soggetto debole di proseguire la
propria vita quotidiana. Questo sistema consente una risposta
tempestiva che prescinde dalla colpevolezza»ha spiegato il giudice che per tanti anni ha svolto la sua attività
a Bitonto alla Prima Sezione Civile.
Ma cosa si rintraccia nel soggetto
violento? Spesso si assiste ad un comportamento disumano, si nota
l’assenza di etica e morale e la difficoltà nel creare con lui
relazioni empatiche, ha raccontato la psicologa Antonella
Scordamaglia.
«Il
soggetto violento tende a mentire, a ingannare, a disconoscere l’atto
compiuto o a giustificarlo come meritato»ha affermato la dottoressa che ha posto l’accento anche alla comparsa
di atteggiamenti sospetti già in età adolescenziale.«Importante
è dunque la prevenzione».
«Le
situazioni più complicate nella mia carriera si sono verificate con
cause inerenti la violenza domestica, anche per la difficoltà nel
rapporto tra difensore e assistito»ha ammesso l’avvocato penalista Luca Colaiacomo.
«Il
decreto 93/2013, poi trasformato in legge, propone il sostegno nei
casi di stalking, violenza familiare o sessuale e introduce
l’aggravante per le violenze sessuali perpetrate su donne in
gravidanza. Inoltre non consente la remissione delle denunce»ha continuato Colaiacomo, criticando la mancata estensione della
procedura sui minori su cui ricadono le conseguenze delle violenze
sulle madri.
«La
tutela civile viene dopo ed è di tipo risarcitorio»ha invece commentato l’avvocato civilista Stefania Ciocchetti.«Ciò che manca
è però la vera parità di genere».
«Gli
strumenti giuridici ci sono, ma spesso bisogna agire a livello
culturale»sono state le parole dell’avvocato Antonella Ida Roselli che
si occupa di pari opportunità nel Consiglio nazionale forense.«Il
fenomeno è molto diffuso ma spesso non si denuncia»ha continuato, manifestando la necessità di creare una rete di
operatori per la difesa delle donne.
Al termine del dibattito, è andato in
scena lo spettacolo “Tre sorelle…meno un quarto” scritto
e diretto dal regista Alfredo Vasco.
«Sarebbe
stato più naturale che a dirigere la pièce fosse stata una donna– ha commentato Vasco – ma il regista non deve raccontare solo
le proprie esperienze. Si può attingere dal vissuto degli altri».
Paola Arcieri,Barbara Grilli ed Ebe Guerra hanno portato in scena la
storia di una violenza subdola. Non c’è una violenza fisica, ma ci
troviamo di fronte ad un vampiro che vampirizza le donne, la loro
voglia d’amore e d’amare, la tenerezza.
Le vittime inconsapevoli capiranno solo
alla fine della pièce quanto hanno subito e si ribelleranno.
Lo spettacolo fugge dalla tenerezza per
mostrare la realtà nuda e cruda di una violenza. Un realismo che ha
come scopo quello di far riflettere su quanto accade e potrebbe
accadere.