Ammirando tutte le bellezze storiche, architettoniche, religiose della interessantissima Repubblica di Malta, capita spesso di vedere più di una scritta che ricorda il lavoro e l’operato di Vincenzo Labini, bitontino doc, che della più piccola isola del Mediterraneo è stato vescovo.
Labini, in realtà, è soltanto uno dei 41 (sì, avete capito bene, 41) legami che la città dell’olio ha con Valletta e Malta in generale, fino a fine ‘700 dominate dalla presenza dei Cavalieri dell’Ordine di san Giovanni (non si può non restare a bocca aperta visitando la Concattedrale a loro dedicata), poi nel 1798 cedute a Napoleone mentre si recava in Egitto, e quindi agli inglesi, dai quali si sono distaccate nel 1964.
Ebbene, proprio 41 sono stati i rappresentanti provenienti dal ceto nobile di Bitonto a far parte dei Cavalieri di Malta. Ce lo ricordano Michele Muschitiello e Laura Fano nel libro “Bitontini alla corte del principe di Malta” (Edizioni Raffaello, 2016) nel quale si traccia la biografia di quattro di loro: Giandonato Rogadeo, Antonio Planelli, Carmine Sylos, e proprio Vincenzo Labini.
E la sua figura, tra i numerosi vescovi che hanno guidato la diocesi maltese durante il dominio dei Cavalieri, spicca fra tutte. Perché, durante i suoi 27 anni di episcopato (1780-1807), ha dovuto tenacemente combattere contro l’indifferenza nella quale era caduta l’aristocrazia maltese, cercando, quindi, di reinculcare quel spirito religioso attivo che sull’isola non è mai mancato, ma che si stava perdendo. Oltre che con tre momenti storici importanti nella storia della piccola isola: il declino del governo dell’Ordine, la presenza francese e quindi quella inglese.
Nasce il 28 aprile 1735 dal nobile Fabio Labini e donna Lucrezia Scaraggi. Fin dai primissimi anni, mostra una profonda inclinazione per gli studi, la lettura della vita dei santi, e sceglie una vita di povertà e pietà.
A 16 anni comincia il noviziato, e a 23 diventa priore nella chiesa di san Giovanni Laterano a Roma, anche se la prima importante esperienza di eloquente predicatore la compie nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, seguita poi da quella di docente di Teologia alla Casa degli apostoli di Napoli.
Sempre in Campania, ma a Capua, gli viene conferita la Cappellania conventuale dell’Ordine di san Giovanni, e il 19 giugno 1780 diventa nuovo vescovo di Malta, prendendo il posto di don Giovanni Pellerano, che aveva lasciato l’isola.
Una volta preso possesso della diocesi, Labini trova un disordine terribile e perciò decide subito di attuare importanti riforme come l’allontanamento dei meno istruiti dal Tribunale di penitenza, l’istituzione di conferenze settimanali per l’indottrinamento comune, la diffusione dell’istruzione cristiana, lo sradicamento degli abusi, la fine del monopolio nobiliare sulle prebende canonicali. Rivolge l’attenzione alla formazione dei candidati al sacerdozio maltese, applica alla lettera i dettami del Concilio di Trento, e consacra un numero elevatissimo di chiese e monasteri.
Dopo il delicato periodo della presenza francese, la rivolta dei maltesi aiutati dagli Inglesi per scacciarla, e il successivo dominio anglosassone, l’ultima apparizione pubblica di Vincenzo Labini è datata 29 aprile 1807, quando incontra gli allievi e il clero.
Il giorno dopo, infatti, è colpito da un ennesimo attacco acuto di apoplessia e deve cedere all’insufficienza cardiaca.
È sepolto nella cattedrale di Mdina (come egli stesso scrive nel testamento datato 1803), la vecchia capitale di Malta, e al suo funerale partecipa una folla immensa.
La sua tomba è sigillata con una semplice lastra mormorea, pochi ornamenti e lo stemma della famiglia Labini.
A sottolineare la grandezza e l’importanza del suo operato, a Malta esistono una piazza e una strada a lui dedicate.