In quest’elucubrazione andremo a trattare, sotto forma specialmente filosofica, una corrente di pensiero non molto conosciuta e, a dire il vero, neanche troppo approfondita: il Solipsismo. Il titolo dell’articolo esplica abbastanza chiaramente ciò che s’intende come tale: il Solipsismo è un Ripiegamento Intimista ed è, consequenzialmente, una concezione Io-Centrica. Il Ripiegamento Intimista è un concetto soprattutto utilizzato in critica d’arte per designare il fenomeno che vede come protagonista Skopas, il quale fu uno dei primi, in Grecia, a rappresentare figure divine rendendole più umane. Contestualizzandolo all’interno di ciò che stiamo per trattare, lo intenderemo come un ripiegamento dell’uomo in se stesso, con il fine di ritrarre il proprio interesse, psichico o non che sia, dal mondo e dalla realtà, poiché, come vedremo, considerata inesistente. Quindi, il Solipsismo sarà quella corrente di pensiero che ritiene la realtà inesistente poiché essa non è in alcuna maniera spiegabile tramite il ragionamento; consequenzialmente, l’unica forma di esistenza plausibile è quella individuale. Di rilevante importanza è la peculiarità solipsistica secondo la quale la nostra esistenza individuale, e tutto il mondo nella quale è rappresentata e che rappresenta, non escluda la possibilità di esser tutto il pensato, od un sogno addirittura, di una presenza esterna ed inconoscibile. Descartès, o Cartesio, riassume tutto questo nella sua massima “cogito ergo sum”: non potendo dimostrare l’esistenza di tutto quello che esiste ed è immanente, l’unica cosa realmente esistente è l’individualità in quanto soggetto pensante.
“tutto ben ponderato bisogna concludere e tener fermo che questa proposizione io sono, io esisto, è necessariamente vera, ogni qual volta che io la pronuncio, o la concepisco mentalmente.” –Cartesio, Meditazioni, 2.
Il tema del Solipsismo è affrontato esplicitamente in ambito letterario da Fernando Pessoa il quale, sotto l’eteronimo di Bernardo Soares, pubblica un’opera denominata “Libro dell’Inquietudine”. All’interno di quest’opera egli, con vena marcatamente solipsistica, raccoglie suoi vari pensieri inerenti la realtà, la vita, la società, l’anima. Leggendo questa sua raccolta possiamo ben capire quanto possa essere aberrante il pensiero solipsista: tutto è riconducibile al nulla, meglio, al non-esistente. E quindi, tutto è svuotato del proprio essere, non in quanto valore, saremmo nel Nichilismo in tal caso, ma in quanto ontologicamente non-esistente.
“Penso sempre, sento sempre; ma il mio pensiero non contiene raziocini e la mia emozione non contiene emozioni. […] ci sono case, volti, libri, casse, echi di musica e sillabe di voci […] e io, proprio io, ne sono il centro […]” –Pessoa, Il libro dell’Inquietudine, 258
Volendo cercare un’eziologia al fenomeno solipsistico dovremmo confrontarci con la filosofia cartesiana ed il suo Solipsismo Metodico: Cartesio utilizza Dio come espediente per poter assicurare l’esistenza del reale poiché inspiegabile con il mero ragionamento. Inutile asserire che verrà aspramente criticato da filosofi ed intellettuali, che lo accuseranno di aver utilizzato Dio per “dare un tocco al mondo”.
“Io non posso perdonare a Descartes; egli avrebbe pur voluto in tutta la sua filosofia poter fare a meno di Dio; ma non ha potuto fare altrimenti di fargli dare una spintarella, tanto da mettere il mondo in moto; dopo di che non ha più saputo che farsi di Dio”. –Pascal, Pensieri, 97
Il Solipsismo, quindi, ha origine da una semplice necessità di Cartesio di dover dare un tocco d’esistenza plausibile al reale, a tutto ciò che è e che non sia l’esistenza individuale, così da non cadere in un Soggettivismo Radicato. Eppure verrà comunque criticato proprio in merito a questo. Concludendo, il Solipsismo è quella visione della realtà secondo la quale niente è, nulla esiste, io esisto pur con la possibilità di poter essere il pensato e non il soggetto pensante.
“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo.”-Wittgeinstein, tractatuslogicus-philosophicus.