Da un lato c’è Vladimir Il’ Ul’janov, meglio conosciuto come Lenin, uno dei principali fautori della rivoluzione bolscevica del 1918, andando anche contro, molto spesso, i suoi compagni di corrente. Ma soprattutto ragazzo e studente modello a scuola, formatosi con le dottrine filosofiche dell’800, e figlio di una famiglia borghese.
Dall’altro c’è Benito Amilcare Andrea Mussolini, fondatore del primo partito armato della storia, quello fascista, agitatore di folle, idolatra, ragazzo ribelle fin dai primi anni di scuola, e inevitabilmente uomo del suo tempo, la metà anni ’20.
Lenin e Mussolini, dunque. Due uomini tra i più importanti del ‘900. Due figure, statisti al modo loro, per tanti aspetti così lontani ma per altri così vicini. Che, pare, si siano anche conosciuti. Sicuramente si sono annusati e, in qualche modo, influenzati. Per almeno un decennio. E sulle idee rivoluzionarie.
E l’altro tardo pomeriggio, in un teatro Traetta che pullulava di studenti e tanti curiosi, si è parlato di tutto questo. Si è sentito, davvero, il profumo di storia, della nostra storia, grazie a Emilio Gentile, uno dei più famosi e rinomati storici di fama internazionale, ospite in molteplici trasmissioni di approfondimento sui canali Rai, docente di storia contemporanea alla “Sapienza” di Roma.
Ebbene, l’allievo di Renzo De Felice, colloquiando con Cecilia Petta, ha presentato l’ultimo suo libro, edito nel 2017 da Laterza, dal titolo inequivocabile “Mussolini contro Lenin”.
Partendo, innanzitutto, da una precisazione storica. Il fascismo non si è affermato in Italia per evitare l’avvento del bolscevismo.
“I due regimi – ha scritto e sottolineato il professore – non furono fratelli-nemici: il primogenito comunista non ha insegnato al secondogenito fascista, divenuto suo rivale, il metodo per distruggere la democrazia e istituire il regime a partito unico. Mussolini non ha mai considerato Lenin come esempio da imitare, anzi dal 1920 ha reputato fallito l’esperimento comunista, e liquidata la minaccia bolscevica in Europa”. Questo perché è stato Lenin stesso, dopo lo scontro in Polonia, ad aprire l’Unione Sovietica al capitalismo di stato e a invitare persino imprenditori americani. Senza mai dimenticare, inoltre, che lo stesso Mussolini ha raccontato, più volte, su “Il Popolo d’Italia”, quello che accadeva in quella parte d’Europa. Partendo dal presupposto, inoltre, che un incontro tra i due ci potrebbe essere stato il 18 marzo 1904, a Ginevra, in occasione dell’anniversario della Commune di Parigi.
Non è tutto, però. Secondo Gentile, tra le tante cose, c’è una differenza importante tra Lenin e Mussolini.
Il primo è stato il capo che precede, fautore della rivoluzione bolscevica (seppur non l’ha mai guidata personalmente, perché fondamentale fu il ruolo delle donne e di Lev Trotzkij), anche schierandosi contro gli esponenti del suo stesso partito, che attendevano si verificasse ancora quella rivoluzione borghese ipotizzata da Karl Marx per poter agire.
Il secondo è stato il capo che segue, perché l’uomo nativo di Predappio, almeno fino agli albori del 1925, era “legato” all’operato dello squadrismo fascista, le menti della marcia su Roma (“non voluta dal Duce, ma da Michele Bianchi”), del delitto Matteotti e dell’agire di Mussolini dopo quell’episodio.
Inevitabile, quindi, il paragone con il presente. “Si raccontano grandi fandonie – è stato tranciante – nel paragonare Salvini e Orban come nuovi Mussolini. Loro sono “piccoli Mussolini”, anche perché è il contesto a essere completamente diverso. La verità è che stiamo assistendo a una atrofizzazione della democrazia, di cui è rimasto soltanto il voto della maggioranza dei cittadini”.