Di Mario Moretti, il professore-artista, ci mancherà soprattutto il suo amore per la città. Autentico. Viscerale. Disinteressato, soprattutto. Già, perché lui donava alla comunità senza aspettarsi nulla in cambio. Senza, per questo, risparmiarsi pure adirate giambiche contro l’inciviltà di tanti, troppi suoi concittadini. Quello di cui proprio non riusciva a capacitarsi era la marcata intenzionalità nell’oltraggiare il loro, il suo borgo natio. Rappresentava per lui un triste esempio di barbaro autolesionismo. Quando ti capitava di attraversare il centro storico accanto a Mario, ti accorgevi che i suoi occhi sempre vividi carezzavano d’affetto invincibile le pietre antiche. Insostituibile animatore culturale, era stato presidente del Centro Ricerche e Studi. Dipingeva tele in cui mai mancavano le nostre bellezze e le nostre glorie. Tutto doveva essere musicalità: le opere liriche, ovvio – conosceva a memoria l’intera produzione di Tommaso Traetta -, ma pure le pennellate. Brillava per profonda onestà, virtù sempre più rara, se non ignota. Anche per questo motivo molti suoi amici lo stanno piangendo come persona d’altri tempi. Il solito brutto male lo stava consumando, insieme al vuoto che gli aveva lasciato nel cuore la morte della cara consorte. Il prof Moretti aveva un sogno: chiamare lo slargo antistante Porta Baresana “Piazza della Pace”, in ricordo del messaggio lasciato da Papa Giovanni Paolo II alla civiltà contadina nostra e come auspicio per il futuro dell’umanità. Anche questo era un gesto d’amore. La scelta etica di Mario Moretti…