Non è facile formulare gli auguri di Buona Pasqua in questo tragico inizio di 2018, anno (finora) di scarsa grazia.
Ho visto fonda, invincibile disperazione negli occhi di molti concittadini per poter auspicare, con don Tonino Bello, che i macigni possano rotolare via dai sepolcri e fare spazio finalmente alla luce che rischiara anche i cuori più bui. Eh sì, non ce la faccio proprio ad augurare Buona Pasqua ai cari della signora Anna Rosa, morta ammazzata da ragazzi che si sparavano per il potere mafioso dello spaccio – già, giovani ampiamente malvissuti, ignari o forse consapevoli del male che li ha ghermiti – e da chi per decenni ha preferito chiudere gli occhi dinanzi ad un fenomeno che cresceva a dismisura, incontrollato. Difficile dare una stretta di mano pasquale a chi s’accapiglia puerilmente nelle stanze del Palazzo come fosse un cortile, quando ci sono lavoratori al “Maria Cristina” dimenticati da tutti che non beccano lo stipendio da più di due anni, oppure gli operai dell’ex Om, che, oltre a vedere il loro domani svanire, assistono pure al valzer prendingiro delle promesse mai mantenute. Che senso ha augurare Buona Pasqua mentre ai leoni da tastiera, sempre pronti a vomitare onniscienza e odio nei confronti di tutti, fanno da contrastare gli occhi smarriti di quella mamma che trascinava due bimbi bellissimi e gli ultimi brandelli di dignità in un passeggino troppo piccolo e chiedeva con umiliata discrezione poche monete per sopravvivere? Chi resta arroccato nella sua turris eburnea rispecchiante beltà e perfezione e non scende per strada a raccontare la vita, che molto spesso somiglia alla morte, non coopera alla crescita della comunità. È dura, ma è così. Chiedo scusa.