Il 23 Marzo scorso si è tenuto presso la Sala degli Specchi del Palazzo di Città di Bitonto, il convegno dal titolo “Pubblico Impiego: le nuove regole di comportamento e disciplina dopo la riforma Madia”, organizzato dall’Associazione Giovani Avvocati “Giuseppe Napoli” di Bitonto.
L’introduzione del tavolo convegnistico si è svolta a cura dell’Avv. Romina Centrone, Presidente dell’Associazione Giovani Avvocati “Giuseppe Napoli” (A.G.Avv.) che ha evidenziato l’importanza per i professionisti coinvolti di approfondire nel dettaglio gli aspetti tecnici e procedurali di una materia così specifica e cavillosa come quella inerente il procedimento disciplinare e i licenziamento nel pubblico impiego al fine di garantire al cliente assistenza legale qualificata e completa.
La Presidente si è, poi, complimentata con il comitato scientifico di diritto del lavoro per la scelta del tema di discussione in particolare con l’Avv. Francesco Mitolo (Presidente del comitato scientifico di diritto del lavoro A.G.Avv.) nonché con i suoi componenti gli Avv.ti Carmine Francesco Cicoria, Silvia Masciale e Anna Maria Cristina Sicolo.
Ha aperto il convegno la Dott.ssa Angela Arbore, Consigliera della Corte di Appello di Bari – Sezione Lavoro, che, dopo un breve excursus temporale sull’evoluzione normativa più recente in tema di procedimento disciplinare e licenziamento nel pubblico impiego, iniziato dal Ministro Brunetta nel 2009, ha focalizzato l’attenzione sulla recente riforma proseguita dal Ministro Madia con il più ampio d.lgs. 25 maggio 2017 n. 75 (in G.U. 7 giugno 2017, testo attuativo della legge delega 7 agosto 2015 n. 124) entrato in vigore il 22 giugno 2017, e con il più settoriale d.lgs. 20 luglio 2017 n. 118 che ha apportato lievi modifiche al d.lgs. n. 116 del 2016 sul tema, appunto, dei c.d. “furbetti del cartellino”.
La Dott.ssa Arbore si è soffermata, inoltre, sull’art. 15 del d.lgs. n. 75/2017 e sull’estensione del novero delle ipotesi tipizzate dal legislatore che legittimano l’irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare, che passano da sei a dieci.
Introdotta la novella, il Giudice ha dunque ha proseguito il suo intervento discorrendo sull’applicazione ed interpretazione della norma stessa da parte degli operatori del diritto: in questi casi, infatti, benché il licenziamento sia una soluzione imposta dalla legge, esso presuppone sempre, alla base, una valutazione discrezionale dell’amministrazione, nonché l’espletamento del procedimento disciplinare, ivi compresa (se costitutiva dell’addebito) la specifica contestazione della recidiva. Ad ogni buon conto, è bene ricordare – come affermato dalla Corte di Cassazione nel 2016 – che la tipizzazione legale della sanzione espulsiva, operata dall’art 55-quater, d.lgs. n. 165/2001, non configura alcun automatismo nell’irrogazione del licenziamento, essendo comunque necessario che il giudice verifichi la legittimità del provvedimento espulsivo procedendo, caso per caso, ad un giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto all’infrazione, anche a mente dell’art. 2106 cod. civ..
Un orientamento, questo, che offre una lettura costituzionalmente orientata della norma in esame e che, a ben vedere, secondo la Dott.ssa Arbore, può senz’altro ritenersi valido anche a fronte delle recenti modifiche legislative.
Il giuslavorista Avv. Nicola Roberto Toscano, nel corso del suo intervento, ha focalizzato l’attenzione sulle novità che hanno investito il procedimento disciplinare nel pubblico impiego il quale, in ossequio all’impronta pubblicistica caratterizzante la riforma Madia nel suo complesso, ha puntato principalmente sull’efficienza del procedimento stesso onde rendere fattiva, celere e concreta l’azione disciplinare esperita nei confronti dei lavoratori inadempienti. Si delinea, quindi, un nuovo quadro normativo che mira a scongiurare il pericolo di eccessiva benevolenza dei dirigenti di struttura dinanzi agli illeciti dei dipendenti, affidando l’intera disciplina – ad eccezione del semplice rimprovero verbale – all’Ufficio Procedimenti Disciplinari (U.P.D.) di cui ciascuna amministrazione dovrà dotarsi nella propria organizzazione. Si assiste, inoltre, ad un ridimensionamento dei motivi di decadenza dall’esercizio del potere disciplinare, tanto che la nullità o l’irregolarità di singoli atti ovvero il superamento di alcuni termini procedurali non ne determina la nullità, salvo comunque il rispetto imprescindibile di quelli di avvio e di conclusione del procedimento (che rimangono perentori) nonché la salvaguardia dei termini per consentire al pubblico dipendente di esercitare il proprio diritto di difesa. Ed ancora, sempre nell’ottica di garantire l’integrità della pubblica amministrazione, il legislatore ha previsto una particolare tutela nei confronti di chi denunci illeciti, abusi ed illegalità commessi dal pubblico dipendente e di cui ha avuto conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro (cd. fenomeno del whistleblowing). La tutela del segnalatore o «whistleblower», il cui anonimato sarà garantito anche in caso di accesso agli atti, inerisce la rigorosa protezione della sua figura avverso eventuali atti di discriminazione, di ritorsione e sanzionatori che potrebbero delinearsi a seguito della denuncia di illeciti commessi a discapito dell’interesse pubblico. Il potere di segnalazione diviene, quindi, un obbligo di collaborazione nel corso del procedimento disciplinare; difatti, colui che si rifiuti di collaborare è lui stesso sottoposto autonomamente a sospensione. Il confronto con la previgente normativa, rappresentata dalla riforma Brunetta del 2009, consente di affermare, insomma, che il legislatore del 2017 ha voluto operare una vera e propria “rivoluzione copernicana” in materia di pubblico impiego, inasprendo, da un lato, le sanzioni applicabili in caso di illeciti accertati, nonché introducendo – ad esempio – il licenziamento immediato in particolari situazioni, e, dall’altro, irrigidendo la disciplina dell’azione disciplinare i cui principi di tempestività e certezza della sanzione rappresentano gli elementi di novità della riforma in un ottica di tutela più rigorosa e maggiormente incisiva dell’interesse supremo della collettività.
Ha chiuso i lavori convegnistici il Dott. Davide De Gregorio, Coordinatore Area Metropolitana di Bari UIL FPL, il quale è intervenuto ponendo preliminarmente l’accento sullo sblocco della contrattazione nazionale del pubblico impiego, iniziato, dopo un lunghissimo letargo normativo, nel 2016, fino ad arrivare alle principali novità della contrattazione collettiva statale del 2018.
Il relatore ha poi proseguito il suo discorso focalizzando l’attenzione sui procedimenti disciplinari previsti nella contrattazione collettiva e soprattutto sulla novità disciplinare più importante portata dai contratti del pubblico impiego, quella della «definizione concordata» della sanzione: si tratta, in pratica, di una sorta di patteggiamento che permette al dipendente pubblico “reo confesso” di ottenere, dall’ufficio disciplinare, una sanzione più mite. Sebbene l’accordo non possa cambiare la natura della sanzione – nel senso che un licenziamento non può in alcun modo trasformarsi in una mera sospensione, ed una sospensione non può diventare un richiamo scritto – può, tuttavia, alleggerirne la portata, ad esempio riducendo il periodo di «stop» che porterebbe il dipendente ad una sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
Il dott. De Gregorio ha concluso il suo intervento auspicando un maggiore confronto tra le parti, da un lato il dipendente pubblico, anche tramite le rappresentanze sindacali, e dall’altra l’amministrazione, i dirigenti in posizione gerarchica apicale e gli uffici dei procedimenti disciplinari preposti.
Dopo i saluti finali dell’Avv. giuslavorista Serena Triggiani, vicepresidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari e coordinatrice della Commissione Lavoro del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari, ha chiuso il convegno l’Avv. Francesco Mitolo con un interrogativo: puntare esclusivamente sulla normativa disciplinare e sull’effetto deterrente delle sanzioni previste può condurre ad un miglioramento del rendimento dei dipendenti e, in generale, ad una maggiore efficienza della Pubblica Amministrazione? Oppure occorrerebbero degli interventi e degli strumenti – anche incentivanti – in materia di valutazione del rendimento e del lavoro dei dipendenti in ragione delle mansioni e dei carichi di lavoro, considerati sia come singoli che con riferimento all’ufficio di appartenenza? Valutazioni, queste, da effettuare nel momento in cui si avrà modo di riscontrare, concretamente, la rispondenza della nuova normativa al fine cui è destinata.