Don Vito Piccinonna, Marco Quarta, Vito Calabrese, Claudio La Motta. Sono solo alcuni tra i nomi utilizzati da Stefano Ramunni, quello che la trasmissione “Le Iene” ha definito il più grande truffatore d’Italia. L’inviato Giulio Golia ha raccontato ieri la sua storia partendo da Lizzano, nel tarantino, dove vive Marco Quarta, 39enne che, dall’età di 20 anni, è costretto a vivere in un letto a causa della distrofia muscolare. A suo conto erano stati aperti conti correnti con ingenti prelievi di denaro. Tutte operazioni che Marco non avrebbe potuto assolutamente fare a causa della sua malattia.
Il nome del suo truffatore sarebbe stato quello di don Vito Piccinonna. Ma, ovviamente, era solo una delle tante identità usate dal criminale. Qualche tempo prima, sempre con metodi truffaldini, era riuscito a carpire i dati del parroco della Basilica dei Santi Medici e a rubarne l’identità, per poi approfittare dello stato di bisogno della famiglia Quarta e truffare anche loro.
Il curriculum criminale di Stefano Ramunni è lunghissimo. Un fascicolo penale lungo 26 pagine. Gli hanno dato la caccia tantissime procure sparse per il territorio italiano, da Bari ad Aosta. Truffate anch’esse quando, rubando l’identità del proprio avvocato, Vito Calabrese, ha diffuso un falso certificato di morte, facendo estinguere tutti gli svariati processi a suo carico.
Originario di Castellana Grotte, ma residente a Conversano, figlio di una relazione extraconiugale tra la madre ed un religioso locale, Ramunni ha iniziato sin da giovane la carriera criminale, per aiutare la genitrice in stato di bisogno, dopo essere stata allontanata dalla famiglia nobile da cui discendeva, a causa della sua relazione con il religioso.
Poi la lunga escalation criminale che lo ha portato nel 2001 ad essere arrestato una prima volta. Ma in carcere ha continuato l’attività, truffando persino i detenuti. Tra le altre sue vittime agenzie di viaggio e ferrovie, istituti bancari e immobiliari, il suo avvocato, magistrati e gup. Persino il padre naturale, il religioso con cui la madre aveva avuto rapporti, ricattato sotto minaccia della divulgazione della sua storia. Aveva ville in tutta Italia. Era riuscito a prodursi svariati documenti falsi, da lauree ad attestati professionali, che ha utilizzato per derubare le ignare vittime. Fu scoperto e arrestato a Verona e nel 2011 evase persino dal carcere, da cui uscì nel 2016, ritornando alla sua carriera precedente, per poi essere arrestato, ancora una volta, a Sollicciano, in provincia di Firenze, a seguito di un controllo della Polizia Ferroviaria, che gli trovò addosso documenti falsi. Attualmente è in carcere.
Golia ha raccontato la sua storia intervistando anche le persone più vicine a Stefano Ramunni: un suo ex socio, vecchi amici e persino la sorella. Tutti lo descrivono come un violento che «non guarda in faccia a nessuno».