Circa tre ore per ribadire – se mai ce ne fosse davvero bisogno – che Bitonto non vuole assolutamente sentire parlare né di altre discariche, né di Ferlive, quella piattaforma integrata che dovrebbe sorgere in contrada Colaianni (per intenderci, siamo a sei km da Bitonto, tre da Sovereto, sette da Terlizzi, in pienissimo territorio agricolo) e raccogliere materiale ferroso.
Un “no” secco ribadito anche dalle numerose associazioni ambientalistiche del territorio presenti ieri in Consiglio comunale (un’aula così gremita non si vedeva da anni) a modo suo, anche dalla Città metropolitana, su cui però c’è più di qualche dubbio sul recente operato, e da un Atto di indirizzo votato all’unanimità da tutto il parlamentino cittadino.
Ferlive? Di cosa stiamo parlando… La Ferlive inizia a diventare un incubo nel dicembre 2011, allorché l’allora Provincia di Bari dà il disco alla Valutazione di impatto ambientale (Via) alla realizzazione della discarica, ma lo stesso Ente di via Spalato, però, nega la fondamentale Autorizzazione integrata ambientale, l’Aia. Nel frattempo, nel 2012 e nel 2013, anche il Comune di Bitonto e l’Arpa danno parere sfavorevole sulla questione, e si inizia a creare anche un importante e vivace movimento civico. I rappresentanti della società non ci stanno, e nel luglio 2013 decidono di ricorrere al Tribunale amministrativo regionale (Tar) pugliese contro il diniego dell’Aia e facendo leva sul Piano regionale della gestione dei rifiuti speciali. I giudici amministrativi si pronunciano tre anni dopo, nell’estate 2016, giudicando il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato.
Tutto finito? Neanche per sogno. A gennaio 2017, la Ferlive torna nuovamente al Tar per la sentenza, costringendo la Città metropolitana, a giugno, a concedere una proroga per quanto l’efficacia della Via. Via che, però, è scaduta già nel dicembre 2016.
L’ultimo passaggio, adesso, spetta al Consiglio di Stato, che si pronuncerà ad aprile sul ricorso presentato sempre dalla società costruente.
“No al mostro ambientale”. Nell’emiciclo cittadino, ieri, tra consiglieri comunali e associazioni ambientaliste, è stato un continuo e incessante coro di no. Per svariate ragioni: Bitonto ha già dato sulle discariche e il nostro territorio ne è già pieno. Sorgerebbe in un’area agricola, olivicola e di grande importanza archeologica. È un sito pericoloso, al di là di quello che possa sembrare. È contraria alle nuove norme paesaggistiche e ambientali della Regione Puglia, e non solo.
Carmela Rossiello (Forza Italia) ribadisce che gli interessi di un privato non devono ledere il diritto alla salute, Francesco Brandi (Città democratica) ribadisce il dissenso “anche per la nostra idea di città”, Gaetano Bonasia (Partito democratico) sottolinea come l’area interessata sia anche caratterizzata dalla presenza di alcune aziende agricole che coltivano terreno in modo biologico e da ben quattro pozzi artesiani.
Francesco Scauro (Partito socialista) punta l’attenzione sull’aumento di percentuale di alcune pericolose malattie laddove sorge la Terra dei fuochi e roba simile.
Armando Diamanti, dirigente della Città metropolitana, spiega – creando, però, soltanto più polemiche -, perché il nuovo Ente di via Spalato abbia fatto un (parziale) passo indietro. “Abbiamo dovuto concedere proroga – ragiona – per evitare, eventualmente, in seguito, risarcimenti di danni da parte del Consiglio di Stato, qualora dovesse accogliere ricorso. Ma nostra decisione non concede nulla alla Ferlive, e noi restiamo contrari al tutto”.
Le associazioni non ci stanno (in modo particolare Giovanna De Leo, rappresentante di Legambiente Terlizzi), così come anche Cosimo Bonasia (Insieme per la città), secondo cui “se non ci fosse stata la proroga oggi la questione FerLive sarebbe chiusa. L’Autorizzazione paesaggistica ha durata quinquennale. La richiesta di proroga doveva basarsi non sulla normativa del 2011, ma sul PPTR del 2015 e sul nuovo regime vincolistico che rende impossibile, in quell’area, edificare, installare impianti energetici e realizzare discariche”. Ed è lui, poi, a proporre che il Consiglio comunale emani un Atto di indirizzo che manifesti la contrarietà del Comune di Bitonto, e che inviti la Città Metropolitana all’annullamento d’ufficio del provvedimento di proroga.
Richiesta accettata.