Arriva in un pomeriggio di vento e nuvole cineree e, con una stretta di mano vigorosa, saluta con un sorriso solare: “Piacere, Edda”.
Eh, come se fosse facile portare un nome così, in un’Italia ancora lacerata, ora in modo palese, ora in modo latente, da contrapposizioni che sono state sanguinose e ancora sono pericolose.
“Porto il nome con disinvoltura, certo, consapevole e allegra al contempo, perché cerco di seguire gli insegnamenti di mia nonna, ma non è facile. Lo presero dal titolo di un dramma di Ibsen, “Hedda Gabler” e lo diedero a mia zia, che fu mia madrina. Di più, dal 2012 ho aggiunto con decreto prefettizio al mio cognome Negri quello di Mussolini e l’ho fatto per mia madre e mio padre. Nonna mi ripeteva sempre che la storia va studiata e analizzata senza odio, disprezzo e rancore per provare finalmente a rappacificare gli animi degli italiani. Bisogna essere il più possibile obiettivi, è troppo facile giudicare col senno di poi. Il sangue e le lacrime non possono avere colore politico”, racconta serenamente.
Dunque, lei è Edda Rachele Brunella – anche l’ultimo nome è ispirato a quello dello zio tragicamente morto in volo – Negri Mussolini, conduttrice televisiva, figlia dell’ultimogenita del Duce, Anna Maria, che sposò il presentatore radiofonico Giuseppe Negri, in arte Nando Pucci. Invitata dall’avvocato ruvese Vito Ippedico, è venuta a presentare l’ultimo suo libro dedicato proprio alla famosa nonna (“Donna Rachele, mia nonna”, Minerva Edizioni) ed ha fatto tappa piacevole nella nostra città, rimanendo incantata dalla meravigliosa Cattedrale.
“Quanta bellezza abbiamo in Italia – osserva. Il problema è che non siamo in grado di amarla o non apprezziamo come si dovrebbe, possiamo vantare cultura e storia che altri non hanno, per questo mi piace viaggiare in treno. Già, dobbiamo amare di più la nostra patria”.
Ma la politica nella sua vita? “Sono stata sindaco di un paese romagnolo di 1200 anime, Gemmano, la Cassino dell’Adriatico, distrutta dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, ma dopo tre anni ho detto stop, perché ho il vizio di dire le cose in faccia. Quando venivano a farmi strane proposte, io rispondevo che il primo cittadino di una comunità deve fare sempre il bene della collettività ed io applicavo la teoria alla realtà. ed avevo un buon rapporto con i colleghi di sinistra”.
Ma qual è il retaggio più prezioso della sua dinastia? “L’onestà. Sì, proprio così: l’onestà. Nonna Rachele è stata una donna grandissima di una immensa forza d’animo, molti mi chiedono come abbia fatto a resistere a tutti quei drammi, era veramente tosta. Nonno Benito, invece, rimandava indietro, pur ringraziando, tutti i regali che gli inviavano anche sconosciuti in occasione dei matrimoni dei figli, non prendeva alcuna indennità e accettava solo i doni dei capi di Stato, continuando a vivere dei proventi della sua attività di giornalista. Anzi, i ricavi delle vendite del romanzo per il figlio Bruno furono destinati tutti alla Regia Scuola Aeronautica. So che questo potrebbe deludere qualcuno, ma ho trovato numerosi documenti fra i documenti conservati nell’archivio di Stato che ho consultato per scrivere l’opera. Inoltre, i suoi piccoli dovevano frequentare le scuole pubbliche ed ogni compito doveva essere da lui controfirmato”.