Duro, onesto e divertente.
Con questi 3 aggettivi il dirigente della Polizia di Stato, Giuseppe Di Pace, descrive il suo “Oltre il limite”, un romanzo noir dalla trama tutt’altro che semplice.
Il margheritano, attualmente capo del reparto operativo del compartimento della Polizia Ferroviaria, ha presentato la sua opera ieri nel Salotto letterario “Centro Studi Degennaro”. L’occasione è stata il secondo incontro di “Nel diritto con l’autore”, rubrica organizzata dal Centro Studi Sapere Aude, in collaborazione con la Libreria del Teatro.
La rassegna, coordinata dall’avvocato Giovanni Brindicci, vicepresidente dell’associazione forense, ha l’obiettivo di far conoscere al pubblico alcune novità letterarie a carattere giuridico e gli stessi scrittori.
Di Pace, infatti, sollecitato dalle domande dell’avvocato Pasquale Bavaro, membro del comitato scientifico di Sapere Aude, e del pubblico, ha svelato la genesi del suo romanzo e raccontato la sua storia da uomo di legge e scrittore.
«Ho sfiorato la carriera da avvocato – ha confessato in apertura di serata –, per questo sono felice di essere ospite di un’associazione di giovani avvocati, che vanno anche oltre la loro professione». Che sanno appassionarsi alla lettura e riconoscere l’arte.
«In genere i poliziotti non scrivono. Io ho iniziato a scrivere per me stesso, come autoanalisi, senza pensare di pubblicare – ha rivelato il poliziotto –. Quando ho iniziato a scrivere vivevo un momento di vuoto, di silenzio e avevo bisogno di riempirlo. L’ho fatto con la scrittura, quasi non accorgendomene, e ho capito di poter essere felice nonostante questo vuoto».
Il prodotto è stato un romanzo molto lungo, lasciato nel cassetto per anni e capitato durante un trasloco tra le mani di un’amica esperta di editoria. «L’ha giudicato una schifezza, ma mi ha detto che c’era qualcosa e ci si poteva lavorare. Non avevo intenzione di farlo, ma mi ha lasciato questo tarlo. Così l’ho richiamata e ci abbiamo lavorato, fino alla pubblicazione di “Non è come appare”».
Due anni dopo, nel 2015, è la volta di “Oltre il limite”, «una storia di limiti che si superano rendendo difficilissimo tornare indietro. Sono più storie di tante persone. Tutti dobbiamo avere il senso del limite morale e dobbiamo stare attenti a non superarlo, dobbiamo recuperarlo».
«I contenuti e il linguaggio sono duri. Volevo dare dimensione etica alla mia scrittura». Un obiettivo coraggioso per un uomo delle istituzioni che grazie all’arte si riscopre uomo libero.
I protagonisti del libro sono tutti attratti dal potere, «la vera fascinazione del male». «Ma c’è speranza di trovare persone che rifiutino la corruzione? Ci sono strumenti adeguati per combatterla?» è la domanda di Bavaro.
«Se comparato ad altri periodi storici, statistiche alla mano, il nostro tempo è il migliore e disponiamo di migliori strumenti – ha risposto Di Pace –. Dobbiamo avere però il coraggio di guardare il male in faccia». Come bisogna sapere avere il coraggio di scoprire e allontanare i problemi della chiesa.
Cosa può aiutarci a rifiutare il male e redimerci?
«La bellezza», come quella della Chiesa di Santa Maria della Vittoria dove ha luogo la redenzione del protagonista di “Oltre il limite”. O la famiglia «in cui si può trovare la forza di rinascere».
In conclusione i saluti dell’avvocato Michele Coletti, presidente del Centro Studi Sapere Aude, che ha dato appuntamento al Festival del diritto in programma per il prossimo settembre.