Ci sono giorni che vorresti cancellare.
Sì, per una volta, vorresti essere padrone del Tempo o Crono in persona. Per cassare una data, quella data, quella che toccherà ad ognuno di noi, prima o poi.
Domenica sera, per esempio.
Mentre la banda intonava marce allegre e suadenti, archi di luci colorate illuminavano il corso, la statua dorata dell’Immacolata dondolava un poco, nell’aria placida e brunita della sera, lo sguardo smarrito di Mimmo mi ha ferito forse più delle parole che con voce incerta ha pronunciato: “Hai saputo? Tonino è morto“.
All’improvviso, un soffio di vento ha spento la fiamma di una candela.
Lacrime di cera pietrificate.
Tonino, no. Tonino, no, proprio no.
Sì, ha ragione Francresco, mio fratello: ogni volta che lo incontravamo, ci salutavamo abbracciandoci. Io l’ho capito perché.
Perché quando si avvicinano i corpi di due persone che si abbracciano, i palpiti rintoccano all’unisono per un attimo fatato che si fa ricordo perenne.
Ed era ognora così con con Tonino, il professor Antonio Torricelli.
Per anni vicepreside della “Rogadeo”, scuola media di frontiera, dove le vite da salvare erano sempre tante, anima del giornale cittadino Primo piano, impegnato da sempre politicamente, nel senso più alto del termine, era una persona eccezionale.
A tal proposito, belle e giuste le parole di Franco Mundo: “Ho perso un grande Amico, un Collega esemplare, un Compagno fidato. I suoi modi pacati, la sua capacità di ascolto la sua disponibilità al confronto e al dialogo, ci mancheranno. Tonino Torricelli è stato d’esempio nella scuola e nel giornalismo per tanti ragazzi, per tanti giovani che oggi sono uomini e che lo ricorderanno con affetto e rimpianto. È stato un esempio anche in politica con i suoi modi schivi e garbati, sempre aperto al confronto anche serrato, ma mai aspro o sopra le righe. Perdo, e perdiamo, lo spirito critico di un Uomo libero di specchiata onestà“.
Giorni passati in redazione a condividere letteratura eccelsa e sogni anche bambini – lui sì che era prof-, i viaggi felici nel mare della nostalgia calcistica: il suo adorato Milan, la formazione del mitico Real Madrid di Di Stefano recitata con solenne enfasi a memoria per poi scoppiare in una tanto sonora quanto discreta risata ed esclamare: “sciatavinn, sciat“.
Poi, anche quando sono passato dall’altra parte della barricata, cioè alla tolda del “da Bitonto”, mi hai seguito con “stima e affetto“.
Ricordo il messaggio che mi inviasti il giorno dell’investitura: “Congratulazioni SIG. Direttore, perché di un signor Direttore si tratta“.
Quando ti comunicavo il mio scoramento per certe situazioni rattristanti che, in verità, costellano la vita di chi prova a raccontare la città, tu mi spronavi a tenere duro: “Ma tu non scoraggiarti, non mollare e continua a lottare, come hai fatto con l’infelice Mirabela“.
Mi scrivevi mail meravigliose, che io provavo a pubblicare, senza mai però ottenere il tuo placet: “Ti ringrazio ma preferirei che restassero opinioni scambiate tra amici, non ho alcuna intenzione di rimettermi in gioco. Mi sento abbastanza gratificato dalla tua stima, per il resto: “Sto/con le quattro/capriole/di fumo/del focolare” di ungarettiana memoria“.
Un diniego di sublime eleganza che, a rileggerlo ai colpi dell’oggi, strazia il cuore.
“Oggi, anche gli ulivi piangono“, cantasti ferito il giorno della strage ferroviaria.
Finchè le occasioni d’incrociarci si sono diradate, sapevo che frequentavi il Centro Ricerche perché per te era cruciale dare un prezioso apporto alla vita della città.
Il prof Nicola Pice ha sussurrato dopo il tuo funerale: “Era un uomo mite, mite per davvero“.
Chissà da quale letto di dolore, durante la tua strenua, eroica lotta contro la Brutta Bestia, vergavi le tue carezzevoli epistole multimediali che indirizzavi a me….
Tonino, non so se te l’ho mai detto, ma ti volevo bene.
E questa proprio non me la dovevi fare…